La superstizione sulle navi del 2000 |
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Isola di Mykonos, Mar Egeo, estate di anni fa. Il Meltemi soffiava impetuoso all’imboccatura del porto. Era impossibile il solo pensare di fondare l’ancora in quei paraggi. Se quella nave da crociera desiderava “toccare” l’incantevole porto, l’unica soluzione era dirigere a Tourlos! Tourlos è una baia di Mykonos che permette l’ancoraggio “ridossato” vicino alla costa quando il Meltemi è “arrabbiato”. Sia il Comandante che gli Ufficiali di Coperta non erano mai stati in quella destinazione e si trovavano perciò di fronte ad una decisione: o farsi sbattere pericolosamente da venti di 40 nodi (70 Km/h) all’ancoraggio, davanti al porto, oppure avvicinare la nave a pochi metri dalla spiaggia a Tourlos.
Che fare? Il secondo Ufficiale, con la sua lunga esperienza, disse stentoreamente: “Questa è davvero una situazione caprina!”. Per iniziare Sulle navi a vela, in fase di costruzione, si inserivano alla base (scassa) dell’albero di maestra alcune monete d’argento. Tale usanza derivava dalla tradizionale posa delle monetine negli occhi o nella bocca dei defunti così che – una volta nel regno dei Morti – avrebbero pagato il passaggio a Caronte sul fiume Stige. Ancora oggi durante la cerimonia in cantiere per la posa della chiglia della nave, ovvero l’inizio della sua costruzione, in un suo recesso vengono saldate una o più monetine che, comunemente si crede, siano portatrici di buon auspicio per la futura operatività della nave. Originalmente però, se essa affondava, “avevano la funzione” di ricompensare il passaggio nel Regno dei Morti di coloro che decedevano a bordo e che non potevano essere sepolti in terra ferma.
La posa della chiglia: le immagini sono relative alle navi RTwo/ROne Appena la nave è ultimata, una cerimonia significativa è ovviamente il suo varo che culmina nell’infrangersi di una bottiglia di spumante nei pressi del “mascone di prora”, cosicchè il suo contenuto cada in mare. I partecipanti all’evento temono che se la bottiglia non vada in frantumi, può significare sventura per la nave e la sua gente. L’usanza deriva dal passato, quando si usavano tutti i mezzi possibili per mitigare il tempo avverso, per esempio versare vino in coperta o in mare.
Pertanto, con l’aiuto della tecnologia, per evitare che la bottiglia non si rompa, sono stati oggi realizzati svariati metodi: un sommozzatore che emerge dal mare e la rompe lui stesso sul mascone, un filmato (o una videocamera) che riproduce la sua frantumazione alla platea degli invitati, seduti comodamente in una sala della nave o, addirittura, fatta collidere con lo scafo a guisa di pendolo da un elicottero! Tutti sappiamo che “l’incidente del battesimo” non preclude ovviamente la vita operativa della nave, ma sicuramente (ed ecco qui la superstizione) getta un’ombra di tristezza e sconforto sugli invitati alla cerimonia, tanto è vero che per liberare l’atmosfera da pensieri negativi, l’oggetto della sventura viene poi rotto comunque, in qualsiasi maniera disponibile. In certe nazioni, durante la consegna al suo proprietario, la nave viene anche benedetta. Non mi ritengo superstizioso, però sono anche un marinaio e durante il varo di una nave alla quale ero al comando, chiesi al Sacerdote di benedire tutti i punti nevralgici: la plancia, il locale timone, la sala macchine, la saletta equipaggio e passeggeri ed infine, la nave dall’esterno. Ricordo che appena scese in banchina,quel prete s’affrettò ad andarsene osservandomi con curiosità, forse riflettendo sul fatto che bastava benedire quell’unità in un punto solo… devo però confessare che effettivamente non ebbi gravi problemi con quella nave. Sicuramente avevo esagerato nel considerare l’incombente eventualità della sorte avversa. Durante le operazioni
Chi non ha visto – generalmente in Mediterraneo – le variopinte imbarcazioni da pesca che hanno gli occhi dipinti sui masconi prodieri? L’occhio del dio Horus sulle imbarcazioni egiziane, le preservava dalla magia occulta, mentre in altre culture, le proteggeva dai vari pericoli del mare.
Da giovane ufficiale ho sentito qualche volta parlare di “Capitan Tempesta”: era il povero malcapitato di turno che – vittima delle maledette coincidenze – incontrava spesso tempo cattivo e quindi la gente mormorava. Cioè non bastava che lo sfortunato Capitano si preoccupasse di fronteggiare le burrasche, ma doveva anche subire le conseguenze di una sventurata ed ingiusta reputazione. Va qui detto che il tempo avverso è sempre molto sentito dai marinai: sulla costa quando succedono delle criticità dovute alle tempeste si dà la colpa alle previsioni, alle autorità, oppure infine si può scappare se si è avvisati in tempo. In mare ciò non è possibile e tale frustrazione generava la voglia interiore di prendersela con qualcuno. Basta ricordare un detto: “Tempi da cani danno addosso ai Capitani!” (ho usato un eufemismo) che, se si richiama al giorno d’oggi, ci conferma che quando una nave incontra tempo cattivo, le scelte fatte dal Capitano per fronteggiarlo non vanno mai bene, né verso i passeggeri, né verso l’equipaggio. Ancora oggi, l’equipaggio non porta ombrelli a bordo, anche perché non avrebbe senso usarli sui ventosi ponti esterni. Questa credenza nasce dal fatto che gli oggetti di colore nero (valigie, bauli, ecc.) erano sintomo di sventura a bordo delle navi, forse perché legati al colore del lutto. Al contrario invece, nelle indesiderate giornate di pioggia, i passeggeri dispongono di ombrelli multicolori per quando escono in visita nei porti di toccata. Nel tempo però, questa superstizione va ormai scomparendo. La moda dei tatuaggi, come è noto, è nata nell'ambiente dei marinai. Nel passato, chi imbarcava si faceva applicare sulla pelle delle icone scaramantiche o motti indelebili così da "preservargli" la vita e la salute in quei difficili frangenti, ovvero quando le navi affondavano facilmente. I tatuaggi erano cioè degli amuleti illustrati. Un’altra moda, quella dell’orecchino, ebbe origine perché – in caso di decesso - lo stesso sarebbe servito a pagare il passaggio sul fiume del Regno dei Morti. Le monetine infatti (come citato prima) applicate sugli occhi o in bocca al defunto sarebbero scivolate via durante l’affondamento della nave e sarebbero andate perse, mentre invece l’orecchino era un prezioso che rimaneva ben saldo al corpo dello sventurato marinaio.
Nel concludere questa visita ad alcune superstizioni marinare d’oggi, viene spontaneo considerare una nave come una complessa ed unica comunità viaggiante che, pertanto, rappresenta una forte identità sociale. A differenza di aerei, treni, autobus, tale mezzo di trasporto ha perciò un’anima: basta scorrere infatti le letterature multimediali-romantiche dedicate alle vecchie unità mentre vengono avviate all'inesorabile demolizione e smembramento. Bruno Malatesta (6/2013) |
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