Un veliero Camogliese nei Quaranta Ruggenti e Cinquanta Urlanti |
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Come è noto, i velieri dell’Ottocento sfruttavano i venti periodici per ottimizzare le loro corse. Oltre i celebri Alisei, i più utilizzati erano i Quaranta Ruggenti e i Cinquanta Urlanti, situati a quelle latitudini, a Sud di Africa, Australia e America Meridionale. E’ anche noto che tali titoli scaturirono a seconda del frastuono che quei venti impetuosi provocavano sull’alberatura e velatura delle navi dell’epoca. I ruggenti e gli urlanti soffiano verso Levante, per cui venivano sfruttati per far rotta dall’Europa/Atlantico verso l’Australia, per continuare attraverso il Pacifico e giungere infine a Capo Horn. La loro considerevole energia è alimentata dalla mancanza di terre a quelle latitudini, dove le distese d’acqua avvolgono difatti tutto il globo terrestre e si caricano perciò di umidità con conseguente instabilità meteorologica. Gli studiosi Americani
L’Ottocento vide l’esordio degli Americani come rilevanti professionisti nel mondo dello shipping. La loro giovane ed efficiente tradizione marinara prendeva spunto da quella Inglese, con un'innovazione: alle varie discipline nautiche aggiungevano quella acclamata praticità che ancor oggi li contraddistingue.Tra questi eccellenti studiosi, ecco l’oceanografo Matthew Maury, vissuto dal 1806 al 1873. Era soprannominato “il pioniere dei mari” e di fatto, fu il primo studioso a rendere pubbliche le caratteristiche e le statistiche globali degli oceani. Lo fece attraverso una pubblicazione di carte stagionali e di un curioso metodo di segnalazione: i capitani dei velieri stilavano il rapporto sulle condizioni climatiche incontrate e lo lanciavano in acqua, dentro una bottiglia. Le bottiglie venivano poi raccolte, così da aggiornare la frequenza della direzione dei venti e della loro forza. Grazie a Maury, ancora oggi, i naviganti usano le Pilot Charts, cioè quelle mappe che descrivono i mari del globo, le loro correnti e i venti predominanti. Uno dei trattati più rilevanti del celebre oceanografo, fu senz’altro "The Physical Geography of the Sea", pubblicato nel 1855, oggi disponibile su Internet. Possiamo affermare che i velieri camogliesi disponevano sicuramente di manuali del genere. Del resto, era una questione vitale sfruttare al massimo la propulsione eolica, evitare o fruire dei venti periodici. Ma quei manuali mostravano già la posizione delle famigerate “calme equatoriali”, pericolose quanto le tempeste. Ancora oggi, in epoca di propulsione meccanica, la zona delle calme è meticolosamente aggiornata nei bollettini meteorologici.
L’opera di Maury era sicuramente a bordo del brigantino a palo camogliese Bice, quando navigò nel 1878 a latitudini estreme, appena fuori dal continente Antartico.
Come si evince dalla documentazione lasciata dal pronipote del Capitano Giuseppe Costa al Civico Museo Marinaro “GB Ferrari” di Camogli, il Bice coprì la tratta dal Perù a Mauritius, cioè 11.400 miglia in 103 giorni, alla velocità di 4,6 nodi. La tratta successiva, da Mauritius al Perù di 14.800 miglia, fu percorsa in 74 giorni alla velocità di 8,3 nodi, ovvero il doppio della velocità precedente. Tali differenze sono dovute alla corrente di Von Humboldt, contraria quando si parte dal Perù diretti a Capo Horn e alle stesse condimeteo del Capo, solitamente avverse, ed infine il miglior sfruttamento dei Quaranta Ruggenti e Cinquanta Urlanti nella seconda tratta di circumnavigazione, da Mauritius alle isole peruviane.
Qualcuno dice che l’epoca della vela è desueta, ma significativo è il fatto che i moderni naviganti non hanno più nulla da raccontare. |
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