Riproduciamo qui di seguito una testimonianza del celebre Gio Bono Ferrari (1882 - 1942), fondatore e curatore del Civico Museo Marinaro di Camogli. Ferrari descrive i cantieri navali di Recco di metà Ottocento e lo scenario che ne scaturisce sottolinea ancora una volta l'alta professionalità che la gente della nostra costa e dei nostri dintorni ha offerto come componente significativa per la fondazione della Marina Mercantile Italiana.
Notizie
Dai fogliazzi dell'Archivio di Recco risulta che già nel secolo XVI i maestri d'ascia costruivano sul vecchio cantiere delle fuste, delle caracche e delle feluche che gli uomini della Repubblica Genovese armavano in corsa contro pirati algerini del basso Mediterraneo. Nel tardo '700 Recco vantava già due cantieri sui quali si costruivano dei pinchi, sciabecchi, bombarde e qualche grossa checcia (dall'inglese ketch) per gli armatori delle due Riviere. I clienti più affezionati dei cantieri recchesi erano gli armatori di Camogli, Sori, Bogliasco e Nervi. Ma spesso venivano gli stessi genovesi e i ponentini, specialmente se si trattava di impostare delle bombarde, tipo di nave molto solida che le maestranze recchesi sapevano costruire alla perfezione.
 Brigantino recchese 'San Giovanni' che già nel 1850 navigava e trafficava negli scali del Pacifico al comando dell'Armatore Capitano Giovanni Gandolfo (disegno di Gio Bono Ferrari)
Gli armatori
Intorno al 1850, il Cap. Giovanni Gandolfo, egregio navigatore negli scali del Perù, fu anche Sindaco di Recco e precisamente al tempo della sua amministrazione il Municipio fece ampliare il cantiere, demolendo una casa di tre piani posta vicino al caruggìn che chiamavano della Truimma, ottenendo così uno spiazzo sul quale - e fu allora l'apogeo di Recco - s'impostarono ad un tempo quattro bastimenti da 1000 t.: quello del Cap. Biagio Olivari di Camogli, quello di Cap. Schiaffino 'Masche' di Camogli, quello di Cap. Gandolfo e il maestoso Rissetti.
Recco fu in quelli anni tutta un sonante cantiere. I suoi armatori, i Picasso, Marana, Gandolfo, Massone, Maggio, Cichero, Antola, Badaracco, Olivari, Barbagelata, Fasce, Gardella, Caffarena, Lavarello, Terrarossa, costruirono innumerevoli barchi sui suoi cantieri. E i camogliesi, che ne apprezzavano il buon costruire, ne vararono colà più di cento. Il suolo dei cantieri sui quali si costruirono questi bastimenti appartenne fino alla rivoluzione francese ai beni della Plebana di Recco. Apposita amministrazione aveva l'obbligo di riscuotere una tassa a favore della Chiesa: 3 lire per ogni palmo di chiglia impostata. Sotto il Governo Sardo il suolo passò ad essere demaniale.
Poi, sino al 1875 circa, vennero gli anni delle grandi costruzioni, da 1000 e 1200 tonnellate. Ed i camogliesi seguitarono ad essere fedeli ai cantieri recchesi sui quali costruirono ancora molti ship della loro fiorente flotta. Se si facesse il calcolo dei grandi bastimenti costruiti a Recco, si sorpasserebbero certo i 200, proprio un numero imponente di navi e tonnellaggio!
 Recco: l'antico Palazzo del Capitaneato (disegno di G.B. Ferrari)
Gli operai dei cantieri
Ed è precisamente perciò che era giusto ricordare questa bella attività dei cantieri di Recco, perchè la alacre attività dei suoi cantieri e delle sue maestranze, all'epoca bella della navigazione a vela, contribuiì egregiamente all'ascesa e alla grandezza marinara d'Italia. Abbiamo parlato delle sue maestranze. E' giusto discorrere un pò. I maestri d'ascia e i calafati erano in parte di Recco e in parte di Camogli. Un buon maestro d'ascia guadagnava 6 lire al giorno, cifra favolosa se si pensa che gli uomini che lavoravano per impeciare i cavi e a incatramare guadagnavano soltanto 2 mutte al giorno, ossia 80 centesimi. I velieri invece erano tutti di Recco e se ne contavano una sessantina, coadiuvati da molte cucitrici. Il più grande magazzino dove lavoravano i velieri era situato nei fondi del palazzo di prete Mortola. I cordai lavoravano in quel di San Rocco e di Cortixella. I cavi di canapa fatti a Recco erano rinomati. Parrà strano, ma vi fu un tempo che la buona canapa arrivava a Recco dall'emiliano, con una lunga teoria di muli che facevano l'antica strada di Brignole, Priosa, Favale di Malvaro, Tribogna, Spinarola, Testana e quindi Recco. I portatori erano chiamati canapini e quando ritornavano ai loro paesi si caricavano di otri d'olio di Recco, che allora ne produceva molto e d'ottima qualità. Un grande fabbro, un vero maestro del ferro, che era capace di fare dalle teste da morto (tipo di bozzello) fino ai grossi paranchi, era il Gillio, che arrivò ad avere ben 22 operai ai suoi ordini. I ciavairi (coloro che usavano i chiodi per aggregare il fasciame del veliero) erano tutti della Piazzetta e delle case di S. Michele. Viceversa i forgiatori dei perni di rame, lavoro di molta precisione perchè abbisognavano dei perni persino di due metri di lunghezza, erano provetti maestri del rame venuti da Masone. Di giorno dovevano stare accanto ai ciavairi per le varie misure e disegni dei rami; poi lavoravano alle forgie fino alla mezzanotte per poter così consegnare il lavoro nelle prime ore del mattino. La grande fabbrica dei bozzellai stava nei capaci fondachi dell'antico convento di San Nicolò e disponeva di provetti operai perchè il costruire buoni bozzelli era un'arte. V'erano poi, un po' dappertutto, botteghe e magazzini da stoppai e remieri.
Un vecchio nostromo aveva persino una piccola e fiorente fabbrica di bandiere di buona lana ritorta che si tesseva ancora a mano. C'erano poi i mastri scultori. Esatto. Recco aveva la specialità delle belle polene, vere statue artisticamente scolpite in legno è che si collocavano a sostegno del bompresso. Le belle prore, fini e ornate, che uscivano dai cantieri di Recco si distinguevano dalle consimili di Varazze, Voltri e Spotorno. Fino al 1865 vigeva una bella usanza; quando il barco era pronto al varo, il mastro ornatista incideva a poppa, sotto il nome del barco, un rudimentale castello, arma araldica di Recco. Era una bella affermazione di campanile. Ma era anche - ed era giusto - come un marchio del buon costruire recchese. Poi, non si sa perchè, quella bella usanza sparì.
 Recco: la Plebana armoniosa (disegno di G.B. Ferrari)
Le fonderie e le campane
L' industria dell' armamento fece anche fiorire le piccole fonderie in bronzo dei vari Picasso. Ogni barco voleva la sua campana di bordo, bella e ornata. Gli armatori in persona sì recavano nelle patriarcali fonderie a ordinare quelle campane. Chi vi faceva incidere il medaglione della Madonna, chi quello del Santo Protettore. Quei di Recco, per esempio, se michelini, avevano sulla campana l'effigie di San Michele che trafigge Lucifero; se madonnini, il bassorilievo della Madonna del Suffragio. Quei di Camogli usavano generalmente il medaglione della Madonna del Boschetto e di San Prospero o San Fortunato. Ma , v'erano anche le campane con dei motti di spirito, per esempio un Capitano di Camogli, la cui signora si chiamava Maria, aveva fatto incidere sulla campana il motto: Aspettami Marinin e quando entrava con il barco nel porto di Camogli, dava due mutte al mozzo di bordo e lo faceva scampanellare a lungo, in segno di gaudio per il felice arrivo. Un'altro armatore, che se l'era passata brutta con i pirati dell'arcipelago greco si era fatto incidere sulla campana: Salvaci dai pirati o divo Prospero. E un Capitano burlone, che abitava a Fontanella, era fatto incidere sulla campana del barco, chissà perchè: Suocera bella, che Iddio vi benedica.
 Il "San Prospero", brigantino costruito a Recco nel 1837. Legname di costruzione: quercia, 162 tonn., dipinto da Nicolas Camilleri (tratto da "I 1000 Bianchi Velieri della Città di Camogli")
Conclusione
I costruttori navali recchesi furono pertanto ottimi e famosi. Tra gli altri, vi lavorarono i vari Gotuzzo e poi ancora i Tappani, prima di emigrare a Chiavari e fondare quei celebri cantieri navali. Più tardi si affermò il Rolla ed il Saccomanno, affiancato dal Capitano Mosto. Il formidabile nucleo marinaro di Recco compendeva anche un rinomato Istituto Nautico che diplomò moltissimi capitani provenienti dalle città limitrofe. Chiuse le aule nel 1876, quando la sua funzione fu iniziata dalla Scuola di Camogli. Nello stesso anno scendeva in mare l'ultimo grande bastimento costruito su quelli che furono i gloriosi cantieri di Recco: l'Alberico Gentile.
Infine, col sopravvento della navigazione a vapore, anche i cantieri recchesi dei grandi velieri chiusero e ciononostante, la professionalità delle maestranze si adeguò alle nuove esigenze di quel mercato in trasformazione, per cui alcuni cantieri continuarono a costruire diversi tipi di barche negli anni a venire. Ma questa è un'altra storia.=
Tratto da "Capitani di Mare e Bastimenti di Liguria" di Gio Bono Ferrari (1882 - 1942) Rielaborato da Bruno Malatesta (9/2012)
(Se vuoi saperne di più su Gio Bono Ferrari, digita il suo nome nel modulo di ricerca a sinistra di ogni pagina oppure visita il "sito storico".)
|