SOCIETA' CAPITANI E MACCHINISTI NAVALI - CAMOGLI

Libeccio, vento di eroi e di morte

 

Il traghetto “ Fantastic” in difficoltà sull’imboccatura del porto di Genova

Una mareggiata da libeccio, tra le più violente degli ultimi trenta anni, ha colpito nell'ottobre 2008 le coste tirreniche e nel porto di Genova si è sfiorata la tragedia: un traghetto della “Grandi Navi Veloci” con 439 passeggeri e 75 membri d’equipaggio, ha rischiato di finire sulla diga foranea mentre, investito da raffiche di oltre 60 nodi, stava entrando in porto. Una manovra rocambolesca e fortunosa ha consentito di evitare la catastrofe, tuttavia 37 persone sono rimaste ferite o contuse.
L’avventura a lieto fine del traghetto Fantastic, se così si può definire, ci ha riportato indietro con la memoria di quasi quaranta anni. Era il 9 aprile 1970.
Sul porto di Genova si era abbattuto un fortunale da libeccio che aveva alzato onde eccezionalmente alte e violente. Il mercantile britannico London Valour era ancorato da un paio di giorni a circa 1300 metri a sud della diga foranea Duca di Galliera. Verso le 14.30 cominciò a scarrocciare sottovento verso l’argine portuale, l'ancora non mordeva più il fondale e in pochissimi minuti la poppa della nave si schiantò contro la scogliera frangiflutti a ridosso della diga.

La London Valour in agonia sugli scogli della diga. Alcuni naufraghi sono visibili in controplancia. Notare a sinistra l’imbarcazione dei piloti che si è impennata sulla cresta di un’onda


Sul posto arrivarono i piloti portuali, rimorchiatori e motovedette della Capitaneria, dei Carabinieri, della Finanza e della Polizia, Alle 14.45 i Vigili del Fuoco misero in funzione un va e vieni, vale a dire una doppia cima di nylon tesa tra la diga e il ponte di comando, sulla quale scorreva una carrucola munita di cintura a braga per consentire il salvataggio di un naufrago per volta.
La nave si spaccò in due tronconi e i membri dell'equipaggio si trovarono divisi in due gruppi, tutti muniti di giubbotto salvagente. Dorothy, la moglie del comandante Edward Muir, fu sbalzata dall’imbragatura e precipitò tra gli scogli spazzati dalle onde, sotto gli occhi del marito, nonostante i tentativi di salvataggio di un Vigile del Fuoco che si tuffò invano più volte. I depositi di nafta cedettero e il combustibile, nero e denso come catrame, si sparse in mare e avviluppò i naufraghi caduti in acqua. Tra questi, il comandante del mercantile, che rifiutò l'aiuto di un soccorritore, si slacciò il giubbotto e si lasciò andare.
“Volteggiava sulla scena del disastro, sfidando la bufera, il leggendario elicottero dell'ardimentoso capitano Enrico, eroe dei Vigili del Fuoco, che poco tempo dopo non sarebbe rientrato da un'ennesima operazione di salvataggio”.
Nonostante la mobilitazione dei soccorsi in mare e a terra, le vittime furono venti e la nave andò perduta. Dopo un anno d’inutili studi e progetti andati in fumo, il relitto fu rimorchiato al largo da due rimorchiatori d’altomare al comando dello scrivente.
La London Valour non raggiunse la Fossa delle Baleari, ma affondò per la seconda volta, sotto i colpi di una violenta burrasca a 90 miglia a sud di Genova, su un fondale di 2640 metri.
Il ruota del timone fu donata all'Ospedale San Martino che aveva assistito i superstiti. La campana è oggi conservata presso la Chiesa Anglicana di Genova. La bandiera è stata consegnata alla Capitaneria di Porto.
Fu una tragedia inverosimile, a poche bracciate dalla costa, sotto gli occhi attoniti della città impotente.

Un mito: Il Cap. Rinaldo Enrico

7.1.1971 - “Personaggio dell’anno”
L’investitura di “personaggio dell’anno” il capitano Rinaldo Enrico l’ha ricevuta al Grand Hotel Bristol di Rapallo. A festeggiare il coraggioso e popolare Ufficiale elicotterista dei VVFF c’erano le più importanti Autorità della Regione. Il direttore del Secolo XIX, Piero Ottone ha poi spiegato perché i lettori hanno scelto R. Enrico tra tanti uomini noti come “Personaggio dell’Anno”.
“Vi sono stati nella storia recente tanti uomini coraggiosi o temerari come Lindberg, Chichester, Hillary, ma a differenza di loro, Enrico opera non per battere primati, ma per salvare vite altrui”.
Alla fine ha preso la parola il personaggio premiato:
“E’ un’impresa ardua dover rispondere. E’ l’impresa più ardua di tutto per me e per i miei uomini qui presenti. Mi sento commosso, sono frastornato, mi sembra di volare sopra un banco di nubi, come in paradiso”.

8.5.1973 - Un'altra indelebile tragedia: precipita in mare l’elicottero del magg. Enrico tradito dalla nebbia

Il mare non ha ancora restituito i corpi del maggiore Rinaldo Enrico, del secondo pilota Ugo Vignolo, del motorista Elio Mignanego e del pilota civile Ugo Roda, i quattro occupanti dell’elicottero Agusta Bell (vedi foto sotto) precipitato in mare a circa cinque miglia a sud di Arenzano, nel tardo pomeriggio di domenica mentre tutta la zona era avvolta da una fitta nebbia; un fenomeno che, se non può essere indicato come la causa principale della tragedia, certo n’è stato un componente. Tra le ultime parole trasmesse dell’elicottero dei Vigili del Fuoco, vi sono infatti le segnalazioni sulla visibilità ridottissima che ostacolavano il rientro dei quattro uomini da un volo d’addestramento compiuto su Albenga. Nelle mani degli uomini, che dalle 19.20 di domenica hanno iniziato una battuta di ricerca senza precedenti, per ora ci sono soltanto vari rottami del velivolo.

Questa foto inedita è stata scattata dall’autore quando era al comando del rimorchiatore d’altura “Torregrande” in navigazione di scorta al peschereccio che ha ricuperato con i suoi attrezzi i piani di coda dell’elicottero Agusta Bell del Maggiore Rinaldo Enrico


Carlo Gatti - 2/2009