SOCIETA' CAPITANI E MACCHINISTI NAVALI - CAMOGLI

Il romanzo della longitudine: una soluzione attesa millenni
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Il buon Dio e la natura hanno dato, da sempre, la possibilità al navigante di stabilire la latitudine misurando di notte l'altezza della stella Polare, oppure misurando di giorno l'altezza massima che il sole raggiunge sopra la sua testa. Per la soluzione della longitudine c'è stato invece il buio totale fino alla metà del 1700. E' impossibile sapere quante navi sono naufragate nei millenni per l'errata valutazione della longitudine. Questo fantastico capitolo della storia della navigazione ha inizio, pensate, con la soluzione trovata da un orologiaio, l'inglese John Harrison che affermò:

“E' sufficiente che ogni nave sia equipaggiata con un cronometro in grado di misurare l' ora esatta, quella di Londra per esempio, ed un semplice confronto con l'ora locale del punto dove si trova la nave, fornirebbe istantaneamente il “FUSO ORARIO”, cioè quanti gradi e primi, e dunque la longitudine della nave e quindi anche la sua distanza dal meridiano 0° convenzionale-politico di riferimento”. Ma ci mise tutta una vita per fare accettare questo semplice concetto ai grandi astronomi del 1700.

1913: un veliero in secca/1913: a grounded sailship

Ci troviamo in compagnia del Comandante Ernani Andreatta, fondatore e conservatore del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta di Chiavari.

Comandante, nel 1999 siamo stati entrambi folgorati dal piccolo libro “Longitudine” di Dava Sobel, non tanto per l'aspetto scientifico che avevamo già studiato al Nautico, ma per la storia “sofferta” di Harrison che ignoravamo totalmente.
E' vero! Del piccolo libro di Dava Sobel, “Longitudine”, mi affascinò soprattutto l'argomento trattato che mi stimolò per avviare ulteriori ricerche sull'argomento che culminarono con una conferenza, della quale fui relatore nello stesso anno alla Scuola Telecomunicazioni di Chiavari.

Sicuramente abbiamo in comune un ricordo: il primo ordine che veniva impartito all'Allievo ufficiale di coperta del dopoguerra, fino all'avvento del GPS, era quello di dare la carica, ogni mattina, al cronometro di bordo.
Questo fa parte della nostra storia di naviganti. Per anni abbiamo navigato usando il sestante per trovare la posizione della nave, misurando cioè l'altezza degli astri e soprattutto usando quel famoso cronometro, da lei accennato, a cui bisognava dar la carica tutte le mattine. Lo ritenevo un semplice strumento come la bussola che faceva parte della strumentazione tecnica di bordo. Un oggetto sì importante, ma non talmente importante da capire, a quel tempo, che fosse stato, dopo infiniti anni di naufragi e disastri la soluzione ai fondamentali problemi del calcolo della posizione della nave.

A pensare che Harrison era nato falegname…
John Harrison, nato falegname e non orologiaio, ebbe ragione addirittura su certi Astronomi Reali che non credevano anzi, guardavano con sospetto alla sua “piccola scatola magica”. Quel piccolo oggetto meccanico è stato determinante nella storia del calcolo della posizione della nave e mai più avrei immaginato che dietro a quell'orologio, che maneggiavo quasi con fastidio, c'era stato un dramma umano che aveva attanagliato la vita intera di un uomo straordinario e testardo come il nostro eroe.

Ci spieghi la principale necessità di dover calcolare la longitudine.
Agli inizi del 1700, il problema a bordo alle navi del calcolo della longitudine, in pratica la distanza lungo un parallelo, da un meridiano di riferimento, e di conseguenza la posizione della nave, era un problema che assillava tutti i naviganti. Agli occhi degli uomini del settecento, il mondo aveva un aspetto molto lontano da quello che gli atlanti, i mappamondi e le fotografie scattate dai satelliti ci hanno reso familiare, e non si contavano i Capitani che, con i loro Marinai, avevano perso la vita perché le loro navi si erano schiantate sugli scogli di una costa che secondo i calcoli - sbagliati - dei loro piloti non avrebbe dovuto essere lì.

Anche la stregoneria e la superstizione ebbero una strana parte, nell'attesa del miracolo di J. Harrison.
Addirittura furono chiamati in causa anche gli stregoni. A quanto si affermava, un cane torturato era portato a bordo alla nave. A terra era lasciata una persona fidata che ogni giorno, a mezzogiorno, intingeva la benda del cane nella soluzione con una polvere, non ben identificata, capace di agire a distanza. Il cane avrebbe sicuramente emesso guaiti e il capitano avrebbe avuto un indizio del tempo trascorso. Il lamento del cane doveva leggersi: il sole è sul meridiano che passa per Londra. Il capitano avrebbe allora confrontato l'ora con quella locale della nave e calcolato di conseguenza la longitudine. Lasciamo perdere queste soluzioni che si collocano senza dubbio tra la scienza e la parodia.

Per fortuna dei cani e dei marinai, all'orizzonte apparve John Harrison...
John Harrison sostenne subito la soluzione che ogni nave fosse equipaggiata con un cronometro in grado di segnare sempre l'ora “esatta” di Londra ed un semplice confronto con l'ora locale avrebbe istantaneamente fornito il “Fuso Orario” e dunque la Longitudine della nave. Purtroppo, trovata la soluzione teorica, si presentava un altro problema di ordine pratico: un cronometro così preciso non esisteva nemmeno sulla terraferma.

Quanto tempo impieghò J. Harrison a vincere la sua personale scommessa?
E' la storia, straordinariamente avvincente dei quarant'anni di sforzi che furono necessari a John Harrison non solo per costruire e perfezionare quel cronometro, ma soprattutto per persuadere la comunità scientifica dominata a quel tempo dai fautori della soluzione “astronomica”, dell'efficacia del suo metodo, semplice e risolutore.

Possiamo affermare che si trattò di una storia di trucchi e avidità di molti, contrapposta alla tenacia e all'ardimento di un singolo?
In questa storia ci sono tutti gli ingredienti della tenacia, dell'ardimento, dell'avidità, degli sporchi trucchi e dei colpi bassi come i riconoscimenti meritati, ma tardivi che ci aspetteremmo di trovare in un grande romanzo di mare e d'avventura ambientato in quel secolo straordinario.

I grandi astronomi dell'antichità insegnarono a calcolare la latitudine, ma poi indirizzarono le loro ricerche nei meandri dell'universo. Forse la longitudine non era così importante nei limiti geografici della navigazione costiera conosciuta prima delle grandi scoperte geografiche.
Già nel 150 D.C. il cartografo e astronomo Tolomeo aveva tracciato le latitudini e le longitudini nelle ventisette carte geografiche che rappresentano una pietra miliare e un punto di riferimento importantissimo.

Per far capire meglio ai nostri lettori, ci può definire la differenza cruciale tra la Latitudine, misurata a partire dall'equatore, verso nord e verso sud e la Longitudine, misurata invece da un meridiano 0° convenzionale?
Il parallelo di Latitudine di grado ZERO vale a dire l'equatore è fissato da leggi della natura; infatti, osservando i moti apparenti dei corpi celesti, il sole, la luna e i pianeti passano quasi esattamente sopra l'equatore. L'identificazione del meridiano fondamentale Zero, invece, è una decisione squisitamente politica. Nel tempo, da Tolomeo in avanti si stabilirono come meridiano Zero, di volta in volta: le Canarie, l'arcipelago di Madera, Le Azzorre, Le Isole di Capo Verde, Roma, Copenaghen, Gerusalemme, San Pietroburgo, Pisa, Parigi, Filadelfia, prima di fissarlo, in modo universale, a Londra e precisamente a Greenwich.

L'esempio più eclatante d'errore di Longitudine ce lo diede C. Colombo che Salpò il Parallelo e credette di essere arrivato a Cipango. Ci può chiarire il rapporto tra tempo orario, longitudine e distanza geografica?
Cristoforo Colombo nel 1492 “Salpò il Parallelo” ed è fuor di dubbio che, sulla sua rotta, se non ci si fosse messa di mezzo l'America, avrebbe sicuramente trovato le Indie. Pertanto, la misura della longitudine è fortemente influenzata dall'ora e per calcolare la longitudine in alto mare bisogna sapere non soltanto che ora è a bordo della nave in un dato momento, ma anche che ora è, in quello stesso istante, nel porto di partenza o in un altro luogo di cui si conosca la longitudine. Le ore segnate dai due orologi rendono possibile al navigante la trasformazione di differenza oraria in distanza geografica. Poiché la terra impiega 24 ore per completare un'intera rotazione di 360 gradi, un'ora equivale a un 24esimo di giro, ovvero a 15° (gradi). Quindi, la differenza di un'ora tra la posizione della nave e il punto di partenza indica un avanzamento di quindici gradi di longitudine verso oriente o verso occidente. Quando in mare, il navigante, regola l'orologio della sua nave sul mezzogiorno - il momento in cui il sole raggiunge il punto più alto nel cielo, cioè lo Zenit - e quindi consulta l'orologio del punto di partenza, sa che la discrepanza di un'ora si traduce in 15 gradi di longitudine. Quegli stessi 15° (gradi) corrispondono anche ad una certa distanza percorsa. All'equatore, dove la circonferenza della terra è massima, equivalgono a mille miglia nautiche. A nord e a sud di tale linea, il valore di ciascun grado misurato in miglia diminuisce. Un grado di longitudine equivale a quattro minuti in tutto il mondo, ma in termini di distanza si contrae dalle 68 miglia all'equatore ad uno zero virtuale ai poli.

Un orologio preciso e trasportabile è stato quindi il “segreto” che ha rappresentato la vera svolta nella sicurezza della navigazione?
La conoscenza simultanea dell'ora esatta di due luoghi diversi – un pre-requisito del calcolo della longitudine - che oggi, riusciamo ad ottenere con economici orologi da polso, era una meta irraggiungibile sino a che non furono inventati gli orologi a pendolo. Ma sul ponte di una nave, che stava rollando, tali orologi diventavano pressoché inservibili perché acceleravano o rallentavano enormemente e non parliamo poi dell'influenza della temperatura tra le zone fredde e i tropici.

L'H1, il primo degli orologi di John Harrison. Era interamente in legno anche negli ingranaggi. Non fu mai usato a bordo di una nave/The first clock of J.Harrison, the H1

Possiamo affermare che la sola conoscenza della latitudine non solo fu un grande limite per i grandi navigatori, ma possiamo aggiungere che essi arrivarono dove arrivarono per “benevolenza della fortuna”? Quasi tutti i grandi navigatori, da Vasco de Gama a Vasco Munez de Balboa, da Ferdinando Magellano a Sir Francis Drake, arrivarono dove arrivarono, volenti o nolenti, per grazia di Dio e benevolenza della fortuna. Anche il Re Giorgio III d'Inghilterra e lo stesso Luigi XIV cercarono di risolvere questo problema ed il grande James Cook fu uno dei primi esploratori a dar fiducia a Harrisson con ben tre lunghi viaggi sperimentali, prima d'incontrare una morte violenta alla Hawai.

Che parte ebbero nella vicenda Longitudine i famosi astronomi dell'epoca?
Astronomi famosissimi s'ingegnarono in ogni modo e maniera per risolvere il problema del calcolo della longitudine . Ne cito alcuni come G. Galilei, Jan Dominique Cassini, Cristian Huygens, Sir Isaac Newton, Edmond Halley (lo scopritore della cometa…) ma tutti sbagliarono, perchè rivolsero i loro studi alla luna e alle stelle, forse travisati dal calcolo squisitamente astronomico della latitudine. In realtà, Galileo studiò un metodo per calcolare la longitudine , ma era complicatissimo e del tutto inapplicabile a bordo alle navi. Non c'è dubbio che questa ricerca portò anche ad altre straordinarie scoperte come il peso della terra, la distanza delle stelle e la velocità della luce.

Comandante, ci racconti alcune tragedie marinare che furono causate dalla pessima conoscenza della longitudine.
Il problema era sempre lo stesso! Soltanto attraverso il calcolo della longitudine si sarebbe arrivati alla conoscenza della “vera” posizione della nave. Nel 1707, l'ammiraglio di Sua Maestà Sir Clowdisley perse quattro navi (su cinque), e oltre duemila uomini d'equipaggio in prossimità delle Isole Shilly a sud dell'Inghilterra (Lands End). Quando l'Alto Ufficiale scoprì con sgomento d'aver calcolato male la longitudine , era già tragedia… E pensare che un membro dell'equipaggio li aveva insistentemente avvertiti che stavano sbagliando e fu impiccato per insubordinazione.

C'è da notare che la non conoscenza della longitudine allungava i viaggi a dismisura, dipanandosi in mille episodi orripilanti di uomini uccisi dallo scorbuto e dalla sete, di spettri fra il sartiame, di approdi di navi ridotte a relitti con le chiglie frantumate sulle rocce e cumuli di cadaveri di annegati a imputridire sulle spiagge. In moltissimi casi l'ignoranza della longitudine portava un vascello ad una rapida fine. Infine possiamo aggiungere che l'incapacità di calcolare la longitudine influiva negativamente sull'economia: le navi erano costrette a seguire solo determinate rotte conosciute e così, sulle stesse rotte, si affollavano baleniere, mercantili, navi da guerra e corsari naturalmente, cadendo preda uno dell'altro.

Personalmente fui colpito dalla tragedia del Madre de Deus. Ci può raccontare brevemente quel tragico episodio?
Nel 1592, il gigantesco galeone portoghese Madre de Deus , armato con ben 32 moderni cannoni di ottone, mentre si trovava al largo delle Azzorre, di ritorno dall'India, s'imbattè al largo delle Azzorre nella flotta inglese che lo colò rapidamente a picco. Da notare che la flotta Inglese stava aspettando quella spagnola e non il Madre de Deus . Il galeone trasportava sotto coperta ogni ben di Dio: oro, argento, perle, brillanti, ambra, arazzi, ebano, tela di cotone stampata e le preziose spezie, quantificate in quattrocento tonnellate di pepe, quarantatrè di chiodi di garofano, trentacinque di cannella e tre di noce moscata e macis . Il carico del Madre de Deus valeva circa mezzo milione di sterline che era la metà del gettito fiscale di tutta l'Inghilterra a quell'epoca.

Nel 1641 il Commodoro Anson, al comando del Centurion , perdette ben tre navi delle cinque che erano al suo comando, oltre agli equipaggi di circa 600 uomini. La sua disavventura nel passare dall'Atlantico al Pacifico, attraverso Capo Horn, fu causata dal non conoscere la longitudine quindi la posizione della sua nave, ma fu anche straordinariamente aggravata da 58 giorni di terribili burrasche. Gli uomini migliori, insomma, perdevano l'orientamento una volta che la terra non era più visibile ed il mare non offriva nessun indizio utile a calcolare la Longitudine . A causa dei numerosi naufragi e delle perdite di uomini e navi si diffuse persino il timore, o la superstizione che alla soluzione di quel problema si opponesse qualche divieto divino.

Il Parlamento Inglese, con il celebre “Longitude Act” del 1714, stanziò l'astronomica somma di 20.000 sterline, circa 20 miliardi di vecchie lire, a chi avrebbe inventato un sistema pratico e utile per il calcolo della longitudine. Qui cominciò l'avventura di J. Harrison?
L'orologiaio inglese John Harrison, un genio della meccanica, fu il pioniere della scienza della misurazione del tempo, mediante strumenti precisi e portatili. Il tecnico dedicò la sua vita a questa ricerca realizzando ciò che Newton riteneva impossibile: inventò un orologio che, come una fiamma eterna, avrebbe trasportato l'ora esatta dal porto di partenza ad ogni remoto angolo della terra.

Da chi fu aiutato Harrison?
Nel 1730, fu fondamentale un suo viaggio a Londra dove vi si trattenne per alcune settimane. Dall'Astronomo Edmond Halley, famoso per la cometa che prese il suo nome, fu presentato al più celebre tra gli Orologiai di Londra, George Graham. I primi colloqui furono disastrosi perché i due non s'intendevano nemmeno nel carattere, ma poi visti i disegni di Harrison, Graham si rese conto che aveva a che fare con una persona molto intelligente e determinata. Non solo, in seguito fu proprio Graham che finanziò i progetti di Harrison che era sempre a corto di quattrini. Tra l'altro, Graham, secondo Harrison costruiva pendoli molto deboli e inefficenti, e i disegni di Harrison gli fecero capire che quello non era un “perditempo”.

Chi fu il nemico dichiarato di Harrison?
Il reverendo Nevil Maskeline, fu una spina nel fianco per Harrison… e per la longitudine… Harrison, uomo di bassi natali, ma di grande ingegno, si battè contro gli uomini più insigni e famosi del tempo, inimicandosi in particolare il reverendo Nevil Maskelyne che fu il quinto uomo a fregiarsi del titolo di astronomo reale. Questi, contestò sino alla fine l'idea di Harrison e naturalmente dell'assegnazione dell'ambito premio ed in certi frangenti, usò tattiche che si possono tranquillamente definire, sporche manovre arrivando al sabotaggio materiale degli orologi di Harrison.

Senza preparazione teorica né apprendistato pratico presso un orologiaio, Harrison costruì una serie di orologi quasi del tutto privi di attrito, che non abbisognavano di lubrificazione o pulizia, fatti di materiali inattaccabili dalla ruggine, in grado di mantenere le parti mobili in perfetto equilibrio reciproco, a prescindere da come, intorno a loro il mondo si impennava o rollava. Abolì naturalmente il pendolo e accostò differenti metalli all'interno del suo congegno in modo che quando un componente dell'orologio si espandeva o contraeva per variazioni di temperatura, l'altro componente ne neutralizzava gli effetti mantenendo costante il ritmo dell'orologio.

L'H4 di J.Harrison fu un gioiello dell'orologeria dell'epoca. Aveva un diametro di soli 12 cm. e fu determinante nelle prove in mare del 1763/The H4: this clock was the masterpiece of J.Harrison

Il reverendo Maskeline, dall'alto della sua influente posizione, fece carte false a tutti i livelli?
Infatti, i risultati conseguiti dal nostro eroe furono vanificati dai membri della comunità scientifica, che diffidavano della “scatola magica” di Harrison. I commissari, incaricati di assegnare il premio stanziato, Nevil Maskelyne tra loro, cambiavano le regole della gara tutte le volte che lo ritenevano opportuno, così da favorire sempre gli astronomi rispetto a Harrison e ad altri meccanici. Alla fine, la precisione e l'efficienza dei cronometri di Harrison trionfarono. I suoi seguaci migliorarono la splendida e complessa invenzione con qualche modifica che consentì in seguito di produrla in serie e di diffonderne l'uso.  

Il Re d'Inghilterra, un monarca illuminato, intervenne in soccorso di Harrison!
E' vero! Nel 1773 un Harrison vecchio e sfinito reclamò, al riparo dell'ala protettiva di Re Giorgio III, il premio che gli spettava di diritto. Erano trascorsi quarant'anni tumultuosi, segnati da intrighi politici, guerre internazionali, ripicche accademiche, rivoluzioni scientifiche e crisi economiche.

La vita di Harrison fu costellata di delusioni e colpi bassi di ogni specie. Gli ammiragli e gli astronomi della Commissione per la Longitudine appoggiarono sempre apertamente il metodo delle distanze lunari di Maskelyne perché lo vedevano come lo sviluppo logico delle esperienze in mare e negli osservatori. Dopo il 1750, grazie agli sforzi congiunti dei molti che contribuirono a questa grande impresa internazionale, sembrava finalmente che il sistema fosse applicabile a bordo.

Se abbiamo capito bene, dopo quattro decenni di lotte, l'orologio di Harrison appariva ancora come una soluzione ridicola agli occhi degli astronomi?
In confronto a tutti questi studi John Harrison poteva offrire al mondo un piccolo oggetto ticchettante in una scatola. La cosa appariva semplicemente ridicola. Peggio ancora, questo marchingegno di Harrison risolveva già all'interno dei suoi meccanismi tutto il complesso problema della Longitudine . Per utilizzarlo poi non era necessario avere dimestichezza né con la matematica né con l'astronomia. E non serviva nessuna esperienza per farlo funzionare. Agli occhi degli scienziati e degli astronomi, l'orologio marino aveva in sé “qualcosa di sconveniente”. Qualcosa di troppo facile o di accidentale.

Si dice che Roma non è stata costruita in un giorno. Occorsero otto anni solo per la Cappella Sistina, una ben piccola parte di Roma, più altri undici per decorarla, e per affrescare il soffitto con le scene dell'Antico Testamento Michelangelo passò quattro anni, dal 1508 al 1512, sdraiato in cima ad una impalcatura. Dall'ideazione alla realizzazione della statua della Libertà trascorsero quattordici anni. Per scavare il canale di Suez e quello di Panama occorsero dieci anni ciascuno cosi come trascorsero dieci anni da quando fu presa la decisione di andare sulla luna sino all'allunaggio dell'Apollo.

Ci parli ora della produzione dei cinque prototipi di Harrison.
Harrison costruì cinque prototipi di orologi che identificò con la sigla H-1, H-2, H-3, H-4 e negli ultimi anni della sua vita l'H-5. Per l'H-3 soltanto impiegò ben 19 anni. Ne uscì una macchina perfetta che sgarrava di appena un secondo, dopo numerosi giorni. Durante tutti questi anni di durissimo lavoro non accettò mai altre commissioni più redditizie, ma costruì soltanto qualche “volgare” orologio per sbarcare il lunario. Soltanto il 30 novembre del 1749, Harrison lasciò il suo banco da lavoro per ricevere un'alta onorificenza che era la Copley Gold Medal, una medaglia d'oro che fu in seguito assegnata a personaggi come Benjamin Franklin, James Cook e Albert Eistein, tanto per citarne alcuni. Il penultimo di una stirpe di questi gioielli in ottone, l'H-4 ha un diametro di soli dodici centimetri e pesa soltanto un chilo e trecento grammi; sembra più un grosso orologio da taschino che non un cronometro di bordo. All'interno delle sue due custodie d'argento finemente decorate c'è la meraviglia delle sue minuscole parti con rotelle dentate che girano sorrette da rubini e diamanti per evitare l'attrito. Come Harrison sia riuscito ad inserire i gioielli nell'Orologio, rimane a tutt'oggi un mistero del quale non fornisce spiegazioni della tecnica usata, per dare alle gemme la loro caratteristica e cruciale configurazione.

L'H-4 è tuttora esposto al National Maritime Museum di Londra e attira ogni anno, assieme all'H-1- 2 e 3 circa otto milioni di visitatori. Questi ultimi sono tuttora funzionanti ma l'H-4 è conservato con le lancette ferme, come una statica reliquia e soltanto periodicamente viene fatto funzionare. In ogni storia dove c'è un eroe, c'è sempre un cattivo che è umiliato. In questo caso, il reverendo Nevil Maskelyne che è ricordato come “l'astronomo marinaio”. John Harrison lo odiava di cuore e a ragione. Maskelyne arrivò al punto di “sequestrare” in nome dell'autorità che rappresentava tutti e quattro gli orologi al povero Harrison e oltre a smontarglieli in parte per un miglior “trasporto” un orologio cadde anche “accidentalmente” a terra.

Eccoci arrivati al primo esperimento del cronometro di Harrison. John delegò il figlio William?
Finalmente, nel 1762 ci fu la prova del nove per l'H-4. Fu imbarcato sulla nave di sua Maestà il Deptford . Sulla nave s'imbarcò il figlio minore di Harrison, William. La traversata Atlantica durò quasi tre mesi, il 19 Gennaio del 1762 il Deptford arrivò a Port Royal in Jamaica. Salì a bordo il rappresentante della commissione che doveva giudicare l'orologio di Harrison. Robinson e William Harrison confrontarono i due orologi per stabilire la Longitudine . Dopo 81 giorni di mare, l'H-4 aveva perduto soltanto 4 secondi! Ma Nevil Maskeline, per ironia della sorte, era lì ad aspettare il cronometro per giudicarne l'efficienza nel calcolo della longitudine ! Le discussioni con il figlio di Harrison, William furono interminabili. Pensate! Il calcolo della longitudine si era ridotto ad una discussione tra un astronomo e un orologiaio su una desolata spiaggia delle Barbados.

Come si concluse il viaggio?
L'orologio ritornò a Londra, sempre ben custodito da William Harrison sul Merlin . Il viaggio di ritorno fu altrettanto disastroso per il mare in burrasca e spesso William, che soffriva il mare, doveva avvolgere l'orologio in un plaid e tenerlo al caldo col proprio corpo. Il 26 Marzo, giorno dell'arrivo a Londra l'H-4 ticchettava ancora.

Che fine fece il tanto agognato Premio?
Invece delle 20.000 sterline Harrison ne ricevette soltanto 1.500 con la scusa che, disse la commissione, “gli esperimenti finora condotti sull'Orologio non erano stati sufficienti per determinare la Longitudine ”. Avrebbe ricevuto altre 1000 sterline quando l'H-4 fosse tornato dalla sua seconda missione in mare. Un certo Bliss, astronomo, che faceva parte della commissione giudicante, affermò che la cosiddetta precisione dell'orologio, era stata una “fortunata coincidenza”. Cosi, l'orologio di Harrison dovette subire ancora numerose prove e controprove sotto la diffidenza dei grandi astronomi del tempo. Poi Harrison, finalmente, sempre per intercessione di re Giorgio III riuscì ad ottenere tutto il premio messo in palio dal Longitude Act.

Ha inizio una nuova era. L'Inghilterra diventa la “Signora dei Mari”, grazie all'orologio di Harrison.
Quando John Harrison, il 24 Marzo del 1776 morì, esattamente a 83 anni dopo la sua nascita avvenuta nel 1693, egli assurse allo stato di “martire degli orologiai”. Per interi decenni era rimasto in disparte, praticamente solo, come l'unica persona al mondo seriamente impegnata a risolvere il problema della Longitudine facendo ricorso alla misurazione del tempo. Poi all'improvviso, sulla scia del successo dell'H-4, legioni di orologiai cominciarono a dedicarsi alla costruzione di orologi marini. Dopo tre secoli di “sicura navigazione” per i sette mari, la totalità degli studiosi sostiene che Harrison ha favorito la conquista dei mari da parte dell'Inghilterra, e quindi contribuito alla creazione dell'impero britannico – perché fu grazie al cronometro che le navi inglesi divennero le signore degli oceani.

Le avventure del cronometro continuarono anche negli anni successivi alla morte di Harrison. Ci racconti degli ammutinati del Bounty.
La vita del K-2, costruito da un certo Larcum Kendal che cercò di imitare Harrison, fu molto avventurosa e si ricorda, infatti, quando salì a bordo del famoso Bounty e gli ammutinati, nel 1789, lo portarono con sé quando si rifugiarono nell'isola di Pitcairn, dove l'orologio rimase sino al 1808, quando il capitano di una baleniera americana lo acquistò per lanciarlo in un'altra serie d'avventure. Purtroppo, su tutti imperversava sempre la bieca figura di Nevil Maskelyne che arrivò al punto di sabotare altri orologi come quelli costruiti da un certo Thomas Mudge. Harrison, nel corso della sua vita, costruì cinque orologi, mentre Kendall e Mudge ne costruirono tre per ciascuno. Fu un certo John Arnold che riuscì a costruire diverse centinaia di orologi appaltando il grosso lavoro di routine a diversi artigiani e occupandosi solo della parte più difficile cioè la regolazione. Intanto la parola “cronometro” divenne di uso comune per designare gli orologi marini. La commissione per la Longitudine , che ricordiamo, si formò nel 1714, andava avanti premiando di volta in volta i vari orologiai londinesi che si affacciavano in questo mercato.

Il famoso Nevil Maskelyne, sempre lui, finalmente trovò, un orologiaio che gli piaceva e forse era intuibile il perché gli piacesse, in Thomas Earnshaw che assieme ad Arnold, nel 1805 ricevettero un premio di 3000 Sterline dalla commissione. I prezzi dei cronometri di bordo scendevano sempre (80 sterline quello di Arnold e 65 quello di Earnshaw) e fu anche intrapresa in quegli anni la produzione degli orologi da taschino. La stessa commissione per la Longitudine assegnava i vari cronometri prodotti alla Royal Navy, ma spesso gli ufficiali di bordo dovevano comprarsene uno. Cosi la produzione dei cronometri di bordo passò da uno nel 1737 a molte centinaia negli anni dopo il 1800.  

Si sciolse la commissione per la Longitudine. Il cronometro, nonostante l'antipatia degli astronomi, venne assegnato a tutte le navi e, nel giro di pochi decenni, entrò negli inventari di bordo e vi rimase fino ai giorni nostri. Comandante ci avviamo alla conclusione di questo revival storico, ma prima di ringraziarla, lasciamo ancora a lei la parola per trarre alcune conclusioni.

Nel 1828 la Commissione per la Longitudine si sciolse e l'assegnazione dei cronometri a bordo passò all'Istituto Idrografico della Marina, vale a dire ai cartografi. Era un compito non da poco, dato che oltre all'assegnazione, l'Istituto era anche incaricato di ritirare e riparare i vecchi cronometri. Spesso a bordo alle navi idrografiche incaricate dei rilievi se ne potevano imbarcare anche una quarantina in modo da avere dei calcoli di longitudine più precisi. Evidentemente l'idea del cronometro aveva finito per fare breccia. L'estrema praticità dell'approccio del nostro John Harrison era stata dimostrata in modo tanto esauriente che tutta la concorrenza di astronomi e scienziati era svanita come per incanto. Una volta installatosi stabilmente a bordo, il cronometro finì ben presto per essere dato per scontato, come ogni altra cosa essenziale compreso la bussola. La sua storia controversa insieme con il nome del suo inventore venne molto presto dimenticata dagli uomini di mare, che ne facevano uso ogni giorno. Io mi sento di definire il cronometro H-4 di John Harrison, come la Gioconda dell'orologeria. Ecco perché rimasi tanto affascinato dal piccolo libro di Dava Sobel. Anche recentemente, attraverso un documentario televisivo di Alberto Angela, e di altri diffusi da History Channel, il calcolo della Longitudine è finalmente venuto agli onori della storia e reso finalmente giustizia a quel fuoriclasse che fu John Harrison.

“SAPERE CHE ORA E'? ”. Ancora oggi, proprio come trecento anni fa, costituisce il segreto per conoscere la propria posizione col GPS, che dà uno scarto di pochi centimetri.

Museo Civico Marinaro di Camogli: Cronometro della casa "Porthouse & French", appartenuto alle dotazioni del brigantino a palo camogliese Manin Cichero/This chronometer is kept at the Maritime Museum of Camogli

Alcune curiosità sulla costruzione dei cronometri di bordo?

Inghilterra
La produzione è di uno soltanto nel 1737 che fu provato a bordo soltanto nel 1763/64. Nel 1859 l'Inghilterra possedeva 750 cronometri di cui 610 a bordo alle navi, 80 in riparazione e 60 in consegna . Nel 1889 produce circa 300 cronometri all'anno.

Francia
Due cronometri di Pierre LE LOY (1717-1785) furono provati in mare nel 1767 e dichiarati positivi nel 1768. Nel 1771-72 viene provato a bordo un cronometro di Ferdinand BERTHOUD con altrettanti risultati positivi. La Francia nel 1832 possedeva 143 cronometri

USA
Il primo cronometro in America fu prodotto soltanto nel 1942. L'America, impegnata nella seconda guerra mondiale, decide di produrli in serie attraverso la Hamilton e la Elgin Watch Co. su licenza della Svizzera Ulisse Nardin. In un solo mese, vengono costruiti più cronometri di quanti ne venivano prodotti in un anno in tutto il mondo consegnandone nello stesso 1942: 8902 per la Marina Militare, 1500 per la Commissione della Marina, 500 per l'Esercito e l'Aviazione, 2170 per le Marine Militari di altre nazioni. E non solo, del famoso DECK WATCH per piccole imbarcazioni, ma precisissimo ne vengono prodotti alla fine del 1942 ben 13.531 con sospensione cardanica e 9780 in cassetta di legno senza sospensione.

Com.te Carlo Gatti(3/2007)