SOCIETA' CAPITANI E MACCHINISTI NAVALI - CAMOGLI

Cap. S.L.C. Prospero Schiaffino

Caro Pro, finalmente abbiamo l'opportunità di far due discorsi...Dopo tutta la vasta letteratura che hai dedicato e stai dedicando alla nostra Tradizione, pochi sono coloro che non conoscono le tue opere divulgative in materia. Vorremmo però che in questa sede tu ci parlassi per sommi capi della tua carriera di uomo di mare...

Mi sono diplomato nel 1944 come Allievo Capitano di Coperta. Nell'anno successivo, 1945, ho ottenuto il Diploma di Allievo Capitano di Macchina, fui così uno dei pochi "diplomati doppi". Ho avuto perciò la possibilità di imparare le lezioni di Macchine dal prof. Scaglione, camogliese, un tipo simpaticissimo. Ricordo che quell'anno, gli studenti macchinisti eravamo solo in due, l'altro era un giovane partigiano che saltava scuola frequentemente e perciò anche le mie lezioni di Macchine erano talvolta "abbreviate"...

Cosa hai fatto dopo la fine del conflitto?

Non avendo trovato grosse motivazioni nelle realtà della terraferma, m'imbarcai appena possibile. La mia prima nave fu la Teresa Schiaffino, mio padre era uno dei Soci della compagnia armatrice. La Teresa era una delle poche navi italiane sopravvissuta alla guerra, di quelle requisite alle Canarie e poi restituita all'Italia. Il mio successivo imbarco fu su una nave di bandiera panamense, la Rombo e poi ancora su un'altra, Fransesco dell'armatore Pittaluga. Successivamente, imbarcai con l'Italnavi e con loro ho continuato una carriera più stabile. Tra le altre, ho lavorato su Sises, Sestriere, Alpe.

Il Comandante Pro Schiaffino (3° da destra) ad una recente riunione all'Istituto Nautico di Camogli, durante l'incontro culturale "Poker d'assi d'eccezione"/Captain Schiaffino at a recent meeting at Camogli Nautical School

Con l'Italnavi avevi ottenuto anche altri incarichi?

Sì, fui assunto nei loro uffici come Vice Capo d'Armamento. A quel tempo, la Fiat, che era il principale azionista della Società, decise di promuovere l'esportazione di automobili in Sud America. Fu inoltre deciso di adattare le loro navi esistenti, generalmente ex Liberty, al trasporto di automobili ed io contribuii a quel progetto di trasformazione. In pratica, furono costruiti degli interponti nelle stive per ottenere così degli spazi aggiuntivi dove "posteggiare" le auto. Arrivammo a caricarne anche 1200-1300 con l'ausilio dei bighi di carico o delle gru. In quel periodo, ogni tanto m'imbarcavo: fui uno dei primi comandanti di queste navi portamacchine.

Cosa ricordi di quei tempi?

Una volta, partimmo da Savona per la costa orientale degli Stati Uniti. Dovevamo toccare Boston, New York, Filadelfia e Baltimora su un itinerario che si sarebbe ripetuto per molto tempo. Potete immaginare che seguire quella rotta per Nord Ovest in Atlantico era come andare a cercare il tempo e mare cattivo. Fortunatamente conclusi il viaggio senza grossi problemi. Quando ritornai in Italia, visitai il Direttore della Società e gli proposi di invertire quel giro, cioè di mettere Boston come ultimo porto, evitando così il maltempo in Oceano. Rispose che m'avrebbe messo in contatto con coloro che pianificavano gli itinerari delle navi. Infatti, il giorno dopo, fu organizzato un incontro a Torino coi responsabili operativi. Uno di loro, mi diede il benvenuto, dicendo che il mio cognome doveva per forza essere camoglino. Si presentò, dicendo che il suo nome era Valletta (a quel tempo l'ingegnere responsabile della Fiat) ed era di Sampierdarena. Aggiunse in perfetto dialetto genovese che, a quel punto, potevamo parlare ligure così c'intendavamo e gli altri dell'ufficio non avrebbero inteso niente! Dopo pochi chiarimenti, comunicò ai suoi assistenti che le mie proposte di ottimizzare l'itinerario in Nord America erano state accettate e dovevano essere attuate al più presto.

Se ricordiamo bene, l'Italnavi cessò le sue attività...

Sì, quell'azienda terminò le sue operazioni e le sue navi vennero acquisite dall'armatore Cameli e dalla Costa Armatori. La Costa, che a quel tempo aveva due unità che effettuavano viaggi per il Sud America, mi assunse come Direttore dell'Ufficio Operativo e lì continuai per una decina d'anni. Successivamente lavorai con la società Merzario, sempre nell'Ufficio Operativo, fino al termine della mia carriera lavorativa.

Qual'è la nave sulla quale ti sei trovato meglio?

Direi senz'altro La Nostra. Ho dedicato a quell'esperienza un intero capitolo del mio ultimo libro "Quando il mare racconta in prima persona". E' stata forse l'unità che mi ha dato più soddisfazioni, sia dal punto professionale, sia da quello personale.

La Nostra: clicca sull'immagine per scaricare e leggere il capitolo completo di Pro Schiaffino dedicato a questa nave nel suo ultimo libro "Quando il mare racconta in prima persona"/The cargo ship "La Nostra", where Capt. Schiaffino worked as a Captain

Parlaci di un momento critico a bordo...

Una volta, in manovra di partenza a Bandar Shappur in Iraq, sulla petroliera Sicilmotor, il pilota mi dette istruzioni sulla direzione da seguire e quindi sbarcò. Poco dopo, il Terzo Ufficiale, addetto all'ecoscandaglio, mi avvisò, concitatamente, che lo strumento marcava "zero", cioè la nave era arenata. Fortunatamente, riuscii ad avere ancora un pò di margine di manovra a dritta e riuscimmo a scapolare quel basso fondo. Dopo aver verificato la posizione col radar, scoprimmo che una boa era stata spostata dal cattivo tempo e che ci aveva quindi "diretto" nella rotta errata.

Successivamente, hai partecipato a delle iniziative...

Certo. Quando ero Vice Presidente della Società Capitani e Macchinisti Navali, facemmo una richiesta all'allora Presidente della Repubblica di mantenere operativo il C.I.R.M. (Centro Italiano Radio Medico), il quale doveva essere soppresso dalle nuove leggi. Insieme ad altre associazioni del ramo, mandammo 6000 cartoline al Presidente chiedendo di non abolire quell'importante centro, così importante per gli equipaggi delle navi in alto mare. Il C.I.R.M., di fatto, non venne cancellato. Un'altra iniziativa che m'ha dato molta soddisfazione è quella della realizzazione del Monumento al Navigante, ideato non solo per i Marinai ma anche per i Cuochi di bordo o i Musicisti delle navi, così da essere ricordati dai loro cari. Provo infatti molto piacere quando vedo un mazzo di fiori freschi lasciato vicino al nostro Monumento. Infine sono molto orgoglioso di aver realizzato con l'amico cileno Pablo Peragallo, il belvedere "Ciudad de Camogli" a Valparaiso, proprio per ricordare la nostra città in quella terra che ha anche radici camogline.

Parlando di paesi esteri, con l'isola di Tristan da Cunha, così legata a Camogli, hai tenuto qualche contatto?

Non recentemente. Ricordo però, che una volta inviai una lettera via fax all'allora Amministratore; le comunicazioni satellitari erano appena state installate. Mi rispose, via fax, che preferiva scambiare con me la posta nella maniera tradizionale, poichè preferiva immaginarmi mentre scrivevo la lettera, la imbucavo e la "vedeva" viaggiare sulla nave diretta all'isola. Così facemmo, subendo però le pesanti isteresi di quel collegamento: la nave che portava la posta all'isola andava là due volte all'anno e quindi, se non mi rispondeva per tempo, dovevo aspettare un bel pò di mesi prima d'avere sue notizie.

Nel tuo ultimo libro "Quando il mare racconta in prima persona", citi la tua amicizia collo scrittore e poeta di mare sammargheritese Vittorio G. Rossi...

Sono stato un suo amico personale, infatti ci davamo sempre del vuscià (voi), come per sottolineare il profondo rispetto che c'era tra noi due. Parlare del grande Vittorio non basterebbero queste poche pagine. Una volta, dopo aver letto un suo libro, Oceano, capii che era uno dei nostri: esponeva fatti, pensieri, osservazioni che in embrione pure io avevo pensato. Diventammo subito amici.

Per concludere: sei stato Presidente della nostra Società e sei attualmente Direttore del Civico Museo Marinaro di Camogli...

Del Museo, ne sono Direttore dal 1973, della Società, ho curato la Presidenza dal '93 al '96 e poi un anno, dal '98 al '99.

Infine, l'ultima domanda: ti sei trovato più a tuo agio a bordo o in ufficio?

Sono convinto che se sulle navi c'è "l'ambiente buono" (gente ed apparati in ordine), allora diventano un luogo dove si vive e lavora con una certa armonia. Se invece, soprattutto per scarso merito della gente, esistono delle discrepanze, allora l'ambiente si deteriora e diventa difficoltoso stare su una nave così lontano da casa. D'altro conto, le amicizie che si stringono a bordo continuano poi per tutta la vita. E' forse questo un dei più begli aspetti del nostro mestiere. Ci sono ovviamente i lati negativi: una delle mie figlie l'ho vista, per la prima volta dopo la sua nascita, quando aveva quattro mesi. (L'intervista è stata condotta interamente in dialetto genovese. Clicca qui per sentire sul tuo PC la sua conclusione dalla voce di Pro Schiaffino)