SOCIETA' CAPITANI E MACCHINISTI NAVALI - CAMOGLI

Socio CLC Giovanni Rocca

Due dipinti di Giovanni Rocca: a sinistra, "Leudo di Sestri Levante" e a destra, "Mareggiata a Zoagli" (acrilici su legno, 40 x 50)

Giovanni Rocca (e-mail giovrocca@libero.it ), diplomato a Camogli nel 1953, descrive in un racconto autobiografico, "Contratto per un viaggio", la sua prima esperienza di lavoro: l'imbarco da giovanotto , e subito dopo da allievo, su una nave da carico tipo liberty. Nel brano, il ricordo delle sensazioni al momento del contatto con la nave sulla quale, invece dei pochi mesi previsti (appunto contratto per un viaggio), rimarrà per un lungo periodo di tempo.

Rocca è anche un bravo pittore e qui sotto puoi vedere alcune immagini della sua produzione.

Qui i quadri: “Mareggiata a Camogli”, ricavato da una foto del Corriere Mercantile – ottobre 2008 – acrilico 40 x 50 su legno e “La Baia del silenzio” - Sestri Levante - acrilico 40 x 50 su legno

Qui di seguito, leggi la prima pagina di "Contratto per un viaggio", se vuoi leggere le prime pagine del racconto (pdf) clicca qui. Il racconto completo è steso su circa 180 pagine.


"Contratto per un viaggio" di Giovanni Rocca

C'era un posto da giovanotto di prima su una nave da carico. “È una nave che va alla busca: una nave che non ha un itinerario previsto né date di partenza e d'arrivo conosciute", mi si disse. Un'occasione da cogliere al volo per una prima breve esperienza. Era sottinteso che io accettassi: un imbarco simile non sarebbe capitato tutti i giorni.
“La nave parte questa sera”. Dovevo firmare un contratto per un viaggio – Mar Nero, Sud America e ritorno in Europa - dopo due o tre mesi, in Italia, sarei stato nuovamente disoccupato. Il primo porto sicuro era Odessa, il secondo poteva essere in Brasile o in Argentina. Non avevo scelta e d'altra parte tutto l'equipaggio era in quella situazione. Era una grigia umida sera di dicembre, forse il venti, un lunedì pochi giorni prima di Natale. Perfezionate le numerose e lunghe formalità, le visite mediche e i raggi alla Cassa marittima, l'attesa per i risultati, il ritiro del libretto di navigazione, la firma del contratto, fui sottobordo all'Orione, un liberty da qualche tempo in disarmo, coperto di polvere, di carbone, di ruggine tanto che faticai non poco a leggere quella parola sulla poppa.

La pittura bianca del nome e quella nera dello scafo erano completamente scomparse dalle murate che ora avevano il colore del ferro vecchio. Grandi macchie e colature su tutta la parte fuori acqua. Lo scoprii a Calata Gadda, piuttosto alto rispetto alla banchina, ormeggiato di poppa, legato alle bitte di terra e ad altre navi per mezzo di un fascio di cavi sfilacciati che s'incrociavano in tutti i sensi. Pochi metri lo distaccavano dalla banchina lasciando visibile una piccola superficie di liquido immobile e nero. Sui lati, pesanti parabordi di legno evitavano il contatto diretto con il metallo delle navi vicine. Gli scafi erano affiancati in modo da occupare minor spazio per l'ormeggio e coperti da una selva d'alberi, bighi e cavi che formavano un groviglio d'ombre.
Alla vista di quel nero rottame mi assalì la tentazione di rinunciare. Non avrei mai immaginato che una nave così mal ridotta potesse girare il mondo. Sarebbe stata capace di attraversare l'oceano, di resistere alle tempeste e al cattivo tempo? Sulla banchina non c'era anima viva; a terra giacevano abbandonate alcune vecchie scialuppe di salvataggio, scalandroni sfasciati, fusti vuoti, sbarre di ferro, tubi, rottami di legname, calcinacci, maniche a vento con la bocca per aria, pezzi di cavo. Come se fosse appena terminata una mareggiata. In lontananza si sentiva il lento scricchiolante rumore di una gru che stata lavorando su una stiva. Come avrei potuto vivere e lavorare su quel relitto? "Me ne vado a casa” fu la prima istintiva reazione. Ma era solamente una fugace tentazione: tornando indietro non avrei risolto nulla, anzi segnato il mio fallimento.
Mi vedevo nuovamente per le strade del paese o alla vana ricerca di un altro imbarco. A quante porte avevo bussato. Quante risposte evasive. Quanti visi indifferenti. I sensali di Piazza Banchi. I bar pieni di fumo già al mattino presto. Gli uffici. I consigli. Le tasche vuote. Chi mi aveva dato da mangiare. Gli anni passati al Nautico. Nelle avventure di una vita esistono momenti in cui, senza possibilità di un consiglio, senza nessuno accanto, si deve giungere ad azioni immediate. Sono le decisioni personali e improvvise che forniscono i migliori risultati. Io … Io avevo desiderato quel mestiere. Dovevo continuare.
Solamente pochi attimi furono necessari per una scelta definitiva. Con un improvviso cambiamento, mi avvicinai con sicurezza a quel rottame... (continua)