SOCIETA' CAPITANI E MACCHINISTI NAVALI - CAMOGLI

Comandante Massimiliano Gazzale

Caro Massimiliano, ci fa piacere parlare con un comandante dell'ultima generazione. Quando e dove ti sei diplomato?

Mi sono diplomato nel 1995 al “Nautico” di Camogli. Ho vissuto la fase di accorpamento al nautico di Genova, e devo dire che a Camogli non eravamo molto felici (gli studenti e forse ancor di più i docenti): l'indipendenza perduta ci relegava al rango di “sezione staccata” ma almeno avevamo mantenuto il nome: “Cristoforo Colombo”. Ho avuto la fortuna di avere eccellenti insegnanti tra cui il Prof. Aldo Nicoli, autore dei testi di navigazione moderna, tradizionale e astronomica sui quali hanno studiato centinaia di Ufficiali e Comandanti. Mi sono sempre vantato con i miei colleghi e superiori di averlo avuto come insegnante, e devo dire che chi di noi allievi ha saputo cogliere ed apprezzare i suoi insegnamenti, ha avuto una marcia in più.  

Descrivici brevemente i tuoi imbarchi ed il tipo di navi sulle quali hai lavorato

Ho iniziato la mia carriera sul mare con la Società “Italia di Navigazione” come Allievo di coperta, precisamente sulla “Amerigo Vespucci” una portacontainer da 2200 teu in linea tra Italia e Stati Uniti; è stato un imbarco piuttosto duro: nonostante l'ottima performance scolastica mi resi conto di non sapere un bel niente di navi e di quello che volesse dire navigare, tanto da prendere qualche “compassata” sulle mani per avere sbagliato a mettere un punto in mezzo al Nord Atlantico! Sbarcato dalla Vespucci si pose il problema del servizio militare: scelsi di tentare l'ingresso in Accademia Navale come ufficiale di Complemento e ci riuscii. È un'esperienza che segna profondamente e che raccomando a tutti, anche se dopo le ultime riforme non è più così “dura”.


La Mary Wonsild, comandanta da Gazzale, nel Golfo di Botnia/The Mary Wonsild, commanded by M.Gazzale, in the Gulf of Botnia

Durante il servizio militare sono stato imbarcato su due MHC (Mine Hunter Coastal) della “Classe Gaeta” : “Nave Chioggia” e “Nave Alghero” per tre anni di fila. I cacciamine italiani sono tra i migliori del mondo sia come costruzione (in una particolare resina) sia come qualità nautiche, cito soltanto che abbiamo raggiunto il Mar Baltico con queste “barchette” da 70 metri e poco più di 600 t di dislocamento (traversata della Guascogna e di Skagen comprese). Inoltre eravamo dotati di un sistema precursore di quello che oggi chi naviga sui “Supply Vessels” chiama DP (in breve: le mine hanno il “brutto vizio” di esplodere e durante la fase di “caccia” e di “controminamento” occorre mantenere la nave su determinati “tracks” e a distanza costante per poter operare il “controminamento” in sicurezza)

Terminato il servizio di militare durante il quale ho conseguito il “Patentino”, mi sono imbarcato su una gassiera del gruppo Carboflotta in servizio nel Mar dei Caraibi e nel Mare del Nord il secondo imbarco sono stato promosso 2° Ufficiale, l'esperienza con il gas, è stato molto interessante per le accortezze particolari richieste durante le operazioni commerciali. Sono quindi imbarcato sulle navi serie ”Wonsild” delle società del gruppo amorettiarmatori come 2° Ufficiale, per due imbarchi, ho conseguito la “Patente” e il terzo imbarco sono partito come 1°Ufficiale di Coperta. A mio parere la nave chimichiera è quanto di più appagante ci sia oggi per l'ufficiale responsabile del carico: il “Chief” decide la ripartizione dei carichi nelle cisterne in base alle numerose regole da considerare e in base al proprio “fiuto”, inoltre decide quali “manifold” utilizzare, concorda con il terminale le rate di caricazione/discarica, effettua il lavaggio delle cisterne, insomma è realmente “padrone” della gestione del carico, sempre in accordo alle normative e agli accordi commerciali in vigore, e sotto il controllo del Comandante.

Su quale unità hai assunto il primo comando? Che viaggi faceva?

Nel 2004 sono stato designato al comando della Mary Wonsild, una petrol-chimica di 2500 t.s.l. in servizio in Nord Europa, Baltico e Nord Atlantico. Ricordo con piacere la prima manovra eseguita in uscita dal Marshall Dock di Anversa e l'ingresso nella chiusa (senza “fender”, solo con i parabordi della nave) a 10 metri dalla porta di uscita, primi complimenti del pilota e dell'Ispettore della Compagnia (un altro illustre ex diplomato di Camogli il C.S.L.C. Carlo Schiaffino che a breve compirà il 50° del Diploma) che credeva fossimo ancora nel canale, dal momento che non aveva sentito alcun “colpetto” durante l'ormeggio in chiusa.

Qual'è la nave sulla quale ti sei trovato operativamente più a tuo agio?

Senza dubbio il cacciamine: nonostate i turni da “4 e 4” e il famoso “gaettone”, nonstante il “camerino” (non cabina, è una nave militare!) avesse le dimensioni di una scatola di sardine da dividere in due e nonostante le dimensioni della stessa nave si facessero sentire nel brutto tempo. L'ambiente militare per me resta quanto di più “operativo” e funzionale si possa desiderare a bordo di una nave: in 70 metri di nave, 50 persone che riescono ad operare regolarmente, fanno un piccolo miracolo.

Per quanto riguarda la parte “nautica” sono particolarmente affezionato alle piccole chimichiere che ho comandato, navi estremamente manovriere che danno molta soddisfazione durante la manovra: elica sinistrorsa a passo variabile, elica di manovra di prua da 400 KW, “Becker Rudder” ma anche la possibilità di lavorare con “giri fissi” variare solo il passo (il comportamento della nave è diverso, si dice che la nave diventa più “nervosa”). Ogni manovra consente di apprezzarne la bontà, tanto che molti piloti del Nord Europa chiedevano di poterle manovrare personalmente. In effetti, lasciate le responsabilità proprie del 1° Ufficiale, la parte più interessante e gratificante del lavoro sul mare è la manovra delle navi.


La Mary Wonsild in mare agitato/The Mary Wonsild through rough seas

Descrivici le operazioni e le particolarità di una chimichiera

La chimichiera è un tipo di nave molto particolare e specializzato, “tipizzata”, come qualcuno la definisce. La normativa internazionale (IBC Code e Marpol, ma non solo) stabiliscono i criteri per la costruzione delle navi, distinguendole in 3 tipi diversi, anche a seconda del tipo di prodotti che si prevede debbano caricare e della dimensione della nave. I codici e i regolamenti di classe entrano nel dettaglio per quanto riguarda i criteri di costruzione del sistema del carico, dei doppi fondi, del lavaggio cisterne (ecc. ecc.). Infine la nave riceve una certificazione specifica di idoneità al trasporto di prodotti chimici alla rinfusa il “Certificato di Fitness” nel quale sono elencati anche i tipi di prodotti che può caricare e le eventuali limitazioni relative al trasporto (massima temperatura e massima massa volumica dei prodotti trasportabili ad esempio).

Le moderne chimichiere sono spesso anche petroliere e quindi sono dotate anche di impianto COW e gas inerte tradizionale (affiancato magari al generatore di azoto o al parco bombole di azoto per il “padding”). In definitiva possiamo considerare le cisterne di una chimichiera come delle “vasche” che vanno a contenere di volta in volta prodotti diversi, che per le loro caratteristiche devono essere trattati in modi diversi, e che quindi non possono stare vicino a prodotti troppo caldi (monomeri che rischiano la polimerizzazione anche se è stato aggiunto l'additivo) o troppo freddi (gli acidi solidificano a temperature alte) o con un “padding” di azoto perché temono l'umidità e andrebbero fuori specifiche, oppure perché sono particolarmente tossici e velenosi (ACN e fenolo). La nave è dotata di un “manuale di istruzioni” P&A Manual approvato dalla classe, dove sono descritte le caratteristiche dell'impianto del carico e come utilizzarlo.

Le operazioni si distinguono in:

Pianificazione: preparazione del piano di carico in relazione al carico da trasportare e la compatibilità con i carichi precedenti o adiacenti e verifica della presenza del prodotto nella lista prevista dal “certificato di fitness” ;
Preparazione: pulizia delle cisterne in previsione del carico da trasportare;
“Line up”: sistemazione delle linee del carico ed eventuali comunicazioni tra le cisterne, ritorno vapore, gas inerte, chiusura portellini e portelloni, segregazione delle linee e manifold non utilizzati.;
Caricazione: attenzione alle rate massime e minime consentite (P&A Manual), agreement con il terminale;
Controllo: verifica del mantenimento delle condizioni richieste per il trasporto;
Discarica: attenzione alle rate massime e minime consentite (P&A Manual), agreement con il terminale.


Ghiaccio nel Golfo di Botnia/Ice in the Gulf of Botnia

Parlaci del personale con cui hai lavorato e della loro preparazione

Ho lavorato con diverse nazionalità ed ho potuto apprezzare i vari aspetti positivi di ciascuna. Tuttavia ritengo che il personale navigante italiano sia il più adatto a navigare: diciamo che il famoso “colpo di mano” è una nostra prerogativa, lontana anni luce dalla mentalità “quadrata” di altri equipaggi che in molte occasioni si rivela essere decisiva nella risoluzione di problemi più o meno gravi: tutto sta nel non abusarne e nell'evitare che il colpo di mano diventi l'unico modo per operare (anche se alcuni comandanti mi hanno insegnato proprio che a bordo delle navi non vi è altro metodo!).

Raccontaci di un momento critico

Un momento critico che ricordo riguarda un caso di sospetta contaminazione di un carico di soda caustica. Avevamo caricato un migliaio di tonnellate di soda caustica al 5% ad Anversa, dopo aver eseguito un regolare lavaggio accurato delle cisterne ex prodotto petrolchimico raffinato, destinazione Arklow (una banchina nel sud est dell'Irlanda). Il carico era “splittato” nel maggior numero di cisterne possibile (sempre restando in sicurezza circa stabilità e “sloshing”) su richiesta del noleggiatore, dal momento che la soda di per se ”pulisce” le cisterne e i carichi successivi possono essere anche “delicati” (etanolo, metanolo o altro prodotto che richiede condizioni di pulizia particolari). Avevamo in pratica alcune cisterne “slack”, inoltre la soda va trasportata ad una a circa 40°C. Ormeggiati ad Arklow, salì a bordo il Surveyor del carico per il ricevitore, il quale chiese di poter sentire che odore aveva il prodotto.

Dopo avere “fiutato” tutte le cisterne il Surveyor tornò in centrale carico dicendo che il carico “puzzava”. Sbalorditi chiedemmo spiegazioni, il Surveyor ci informò che il carico odorava di prodotto petrolifero e che quindi non potevamo scaricarlo. Imbarazzati esibimmo i campioni presi durante la caricazione ed analizzati con risultati positivi e lo invitammo a prendere campioni di carico anche qui all'arrivo, ma il Surveyor risponse che a lui bastava avere sentito l'odore per rifiutare il carico. A questo punto informammo la società e il Club P&I in modo da avere un esperto perito a disposizione per risolvere il problema. Si presentò un ex comandante indiano, molto preparato e competente che consigliò ai ricevitori di farci scaricare comunque il prodotto, in modo da evitare successive spese per il fermo prolungato della nave, al rifiuto totale dei ricevitori concordammo comunque di riprendere un set di campioni ciascuno, da far analizzare. Successivamente disormeggiammo e per 5 lunghi giorni rimanemmo all'ancora in rada fino al termine delle analisi, che ci scagionarono completamente.
La parte “bella” della vicenda fu quando il Surveyor (imbarazzato e consapevole del danno che aveva arrecato al ricevitore) firmò una “lettera di protesta” della nave, con la quale lo ritenevamo completamente responsabile del tempo perso dalla nave e delle spese sostenute per l'analisi dei campioni di carico. Il rappresentante del Club P&I si complimentò con l'equipaggio e il Comandante per come avevamo gestito la situazione, producendo tutte le evidenze richieste per garantirci la vittoria in una eventuale disputa che tuttavia non si è mai verificata. Per quanto ne sappiamo le navi che dopo di noi sono andate a quel pontile non hanno mai avuto più problemi con la soda.  


Ghiaccio nel Golfo di Botnia/Ice in the Gulf of Botnia

Rifaresti il Nautico?

Si, decisamente, per moltissimi motivi, ad esempio: ancora oggi mi accorgo che per certi argomenti che riguardano il mio lavoro “vivo di rendita” grazie a quanto ho imparato al Nautico.

Inoltre la visione del mondo che si acquisisce studiando le materie del Nautico è molto ampia e copre moltissimi aspetti: economici, culturali, linguistici, geografici di una rilevanza pratica che difficilmente si riscontra in chi proviene da una preparazione classica o scientifica, anche se laureato (infatti non dimentichiamo che in Europa la preparazione richiesta per poter navigare è di tipo universitario). Le conoscenze acquisite durante i cinque anni del nautico sono potenzialmente ad alto contenuto tecnico/scientifico e consentono di affrontare quasi tutte le problematiche che si riscontrano nella gestione delle attività di trasporto via mare.
È importante, a mio parere, che chi studia al Nautico, e in particolare chi non è sicuro di iscriversi a facoltà universitarie, metta il maggior impegno possibile in quei cinque anni perché, mentre si lavora con i ritmi odierni, è difficile, molto difficile recuperare quello che non si è studiato quando era il momento.

4/2007