SOCIETA' CAPITANI E MACCHINISTI NAVALI - CAMOGLI

L'epopea di un cassone Fincosit
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(Rievocazione dell'Ing.Pasquale Buongiorno)


A tutti i marittimi
che hanno contribuito a far grande
la Fincosit......

Sono le tre del mattino del primo febbraio 2007. Marco esce di casa cercando di non svegliare la famiglia. E parte, direzione Marghera. Lì in banchina lo aspettano Fabrizio, Paolo, Giovanni e Pietro per andare fuori dalla Bocca di Lido incontro al cassone. I cognomi non sono importanti, di solito ci si da del tu, del vaffa... se occorre. Se il tempo lo permetterà, oggi il cassone NS42, il 2271-esimo cassone della FINCOSIT (e questo vuol dire più di 50 km di dighe e banchine costruite...), il primo del progetto Mo.S.E. entrerà a Venezia. Mi hanno chiesto di scrivere qualcosa sul rimorchio dei cassoni.

Ma io mi intendo più di numeri che di lettere e poi il rimorchio è meccanica, movimento e noi ingegneri civili preferiamo la statica. Allora mi sono detto “Perché non parlare dei nostri marittimi e del loro lavoro....?” Ho appena abbozzato la dedica e la premessa e so già che prenderò una bella strigliata dal mio Presidente. Lo so, ora il nome della società è GLF ma per me che sono in ditta da più di 20 anni ma anche per tutti i colleghi, le Autorità Portuali e i giornali, la branca marittima della società è e rimarrà sempre “la FINCOSIT”.

Se dici a un genovese “rimorchio di un cassone”, ti parlerà della partenza del superbacino, bianco lui, nero il rimorchiatore, salutati dal fischio delle sirene e dalle colonne d'acqua degli idranti, come una coppia di sposi in partenza per la luna di miele. Ricorderà solo il viaggio. Ma il rimorchio è come la grappa, c'è una testa e una coda. C'è la testa, i preparativi per il viaggio, la posa in opera delle bitte di manovra, dei cavi di rimorchio e di emergenza, della biscaggina, delle luci per la navigazione notturna fino a presentare il cassone al rimorchiatore. E' un lavoro di routine, tutto si svolge in banchina, con la gru, i pontoni di servizio, i giusti tempi.

C'è la coda, il cassone che arriva a destinazione e viene preso e affondato. E' il duro lavoro dei marittimi, la fatica in mare, con tutte le difficoltà ed i problemi che si possono presentare. Ed è di questo che voglio parlare. Solitamente i cassoni terminano il loro viaggio all'interno dei porti o in corrispondenza delle dighe foranee e in attesa di una giornata con mare piatto, adatta per la posa, vengono ormeggiati in banchina. Qui è diverso, all'interno delle bocche c'è la corrente che va e che viene, che spinge il cassone prima verso il mare e poi verso la laguna, senza interruzioni, più di due metri al secondo e i cassoni devono essere tenuti fermi in qualche modo.

Nei giorni precedenti i marittimi hanno quindi posto in opera i corpi morti a cui ormeggiare i cassoni, per poi tonneggiare con gli argani e posizionarli con la dovuta precisione. I cassoni sono stati arredati con bitte da 30 tonnellate, bitte da piccola banchina portuale e i corpi morti sono da 100 tonnellate. Hanno messo le boe, le catene, gli spezzoni di cavo in polipropilene ad alta resistenza. Tutto è pronto per ricevere il cassone. E il cassone è arrivato in rada il giorno prima. Il S. Cataldo lo ha rimorchiato dal centro di prefabbricazione di Taranto e con un viaggio di 11 giorni lo ha trasportato fino a Venezia, burdesandu burdesandu, girando intorno al Gargano, su su fino al delta del Po e poi alla Bocca di Lido.

E i ragazzi gli sono andati incontro. I marinai ma anche Davide, il direttore di cantiere, che è cresciuto a pane e Fincosit, con il padre a fargli da maestro. Un piccolo viaggio, da Marghera fino fuori alle bocche di porto, 12 miglia a bassa velocità per non danneggiare, con le onde generate dalle eliche, con lo sciabordio, le fondamenta degli storici palazzi veneziani. E hanno raggiunto il cassone. Ricordo ancora la prima volta che, studente del biennio, vidi un cassone a rimorchio uscire dal porto, alla Foce. Spuntò d'improvviso e nel silenzio da dietro il padiglione B. Una visione onirica, il passaggio del Rex nel film Amarcord. Qualcosa che solo Archimede era in grado di spiegare. E ora lo spettacolo è simile. E' là, alto, maestoso contro l'orizzonte, quasi cinque metri di franco bordo.

Un bestione di 21,88 x 12,24 x 13,80 m che immerge 9 metri e spiccioli (ecco che ricompare l'ingegnere.....) che però ha seguito il rimorchiatore ad una distanza di circa 400 m docile come un cagnolino, incurante delle onde, del vento di maestrale, del mare che è montato fino a forza 5, 6.... Il comandante del S. Cataldo è soddisfatto: un rimorchio di tutta tranquillità. Per l'occasione è venuto a Venezia anche Dino, un nostro “vecchio” capo cantiere. Ha quasi 70 anni ma con un mascone ti farebbe ancora fare tre giri su te stesso. E' lì nella foto con il suo cappellaccio calato sulla testa che osserva e commenta a mezza voce.

Lui conosce bene tutti i ragazzi, pregi e difetti, li ha visti crescere, li ha fatti crescere.... Era un po' di tempo che non si vedevano: si sono avvicinati, guardati, annusati quasi, per vedere se qualcosa era cambiato. Un colpo sulla spalla, un ciao con voce sommessa, un tocco sul braccio, un abbraccio, una grossa risata e una bella presa in giro: tutto come prima... Non è retorica: la vita di cantiere è diversa dalla vita di ufficio, si crea un altro spirito, i rapporti sono diversi. Anche con Enrico, il project manager, solitamente così riservato, anche con me che sono un progettista.....I ragazzi sono saliti sulla cima del cassone per passare la patta d'oca al rimorchiatore del porto che dovrà fungere da batticulo durante il viaggio fino all'interno della bocca.

Mi piacerebbe dire che sono andati all'arrembaggio, su per la biscaggina. Sarà che la nostra bandiera è per metà nera....

Uno guarda le foto e dice: “Una bella giornata di sole” e feroce come una mannaia cala la nebbia. La natura è imprevedibile e per questo deve essere rispettata, sembra che si diverta a canzonare l'incauto che cerca di piegarla ai propri voleri. E i nostri sono rimasti lì, vicini al S. Cataldo, sul loro mezzo, giastemandu perché erano quasi alla fine....Bastava che il rimorchiatore fosse arrivato qualche ora prima, che non fosse stato rallentato dalle correnti, che ...., che ..... ma non conta: ora si sta fermi. Il porto è chiuso e i ragazzi dopo essersi azzuppati nell'umidità tornano alla banchina, nervosi per la giornata in parte persa, per il tempo che dovranno perdere domani e poi dopodomani e.... lo sa il Signore.

Il lavoro in mare è così, imprevedibile; si rimane magari in attesa del bel tempo per tutta la settimana e non si può uscire per la burrasca .. e poi il bel tempo arriva la domenica e devi lasciare tutto e andare a lavorare .. ma tant'è.... E siamo al mattino dopo, alle cinque, a Marghera; si parte, presagendo già che sarà una giornata persa. In Canal Grande la nebbia va e viene; alle bocche è un velo lattigginoso che tutto nasconde. Intanto il S. Cataldo è lì che gira, fa la ruota davanti alle bocche, come i gabbiani intorno alla fontana illuminata di De Ferrari, in certe fredde sere d'inverno.

E Dino, da buon genovese, lui che è della Versilia, non ha dimenticato il mestiere, fa i conti. E misura le controstallie, le ore di straordinario, ma si preoccupa anche dei “suoi”: “Domani dovranno di nuovo uscire: speriamo bene; con queste distanze e questi tempi (....quasi una quinta dimensione a Venezia....ndr) bisogna sempre partire all'alba per essere pronti quando serve”. La giornata passa così in attesa. E si torna indietro aspettando il bel tempo. E finalmente il giorno dopo non c'è nebbia e il porto viene riaperto.

Il convoglio parte e raggiunge la spalla sud. Qui il cassone viene posto in corrispondenza dell'imbasamento provvisorio dove potrà riposare in attesa della sua sistemazione finale. Viene affiancato dal pontone, i nostri salgono a bordo, agganciano le cime alle bitte, iniziano a smontare la cinta di rimorchio, danno il liberi tutti ai rimorchiatori. Gli argani sono al loro posto, i tappi delle coperture aperti, le pompe installate. Ora il cassone è domato.

E lentamente scende, controllato, per evitare che vada fuori posizione, si posa, viene immobilizzato con la zavorra. Un altro giorno è andato direbbe Guccini..... Ora il rimorchio si è concluso. Fra 15 giorni si replica, speriamo senza nebbia; il S. Cataldo ha già ripreso la sua corsa verso Taranto.

A cura del CSDM Silvano Masini (5/2007)