SOCIETA' CAPITANI E MACCHINISTI NAVALI - CAMOGLI

Sao Vicente...Genua
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Lisbona, 1487

Nell'Agosto del 1487 Barlomeu Dias partiva da Lisbona con due caravelle (la sua pare si chiamasse Sao Vicente, storicamente accettato ma non accertato) ed una piccola imbarcazione di appoggio, con due intenzioni. Una, quella ufficiale, di appurare la verità circa il famosissimo (all'epoca) Prete Gianni, un missionario che si favoleggiava avesse fondato un ricchissimo regno in Oriente. La seconda, un proposito non dichiarato per non innervosire la Spagna, quella di investigare circa la reale estensione verso Sud delle coste Africane. Raggiunse la piu meridionale delle latitudini africane scoprendo Cabo das Agulhas (1 Febbraio 1488) per tornare stremato a Lisbona nel Dicembre del 1488.

La “caravela redonda” di Diaz era simile a quelle di Colombo: 21 metri di lunghezza, scarso pescaggio, tre alberi armate a vele quadre o latine a seconda delle circostanze, molto maneggevole e facilmente manovrabile da un equipaggio di 25 uomini, l'ideale per navigare in luoghi sconosciuti ed il vento contrario.Questa dote fu particolarmente utile sul ritorno in Portogallo (con gli alisei contrari) dalle spedizioni lungo le coste africane che da tempo ormai si andavano ad intraprendere per trovare la via delle spezie passando da Ponente.

“Buscar el Levante por el Poniente” si diceva, intendendo che si cercavano da Ponente le spezie che fino a quel momento provenivano da Levante con il permesso degli Arabi ostili che rendevano difficile ed insicuro il passaggio. Si narra, che quando giunse a Venezia la notizia che a Lisbona erano arrivate le spezie circumnavigando l'Africa, le campane di S.Marco furono suonate a morto; Venezia infatti era la principale mediazione commerciale con gli Arabi. Era l'Agosto del 1499, due anni prima Vasco de Gama era partito da Lisbona per questo storico viaggio che cambiò il commercio in Occidente E fu la fine del Medioevo.

Come mai questi insistenti nomi Portoghesi nelle prime scoperte geografiche ? Dias, De Gama, Cao, Mahellanes. Il Portogallo stretto fra la Spagna e l'Atlantico era un paese povero ma orgoglioso, resistette a Spagnoli e Arabi e si convinse che la sua sopravvivenza poteva mantenersi solo cercando una alternativa sul mare. Da qui , con la spinta del Re Enrico il Navigatore, lo sviluppo della tecnica e dell'arte marinara oceanica in uomini e mezzi. Osservate la toponomastica lungo la via delle spezie, è tutta Portoghese.

La caravela Redonda in navigazione/The caravel Redonda under sail

 

Genova, 1969

Ce la sentivamo colare dal naso. Ma anche le piu azzardate previsioni sarebbero risultate riduttive rispetto a quanto avvenne. Da tempo, sull'Ormeggio di Ponte Parodi, circolava la voce, che la SNAM aveva in progetto degli oleodotti in Golfo Persico e quindi sicuramente la nostra Società sarebbe stata della partita essendo usuale fornitore di servizi a quella Compagnia. Mano-mano che passavano i giorni le indiscrezioni prendevano forma, anche se si arrabattavano fra cento diverse soluzioni, il tutto diffuso da radio-ormeggio che di ufficiale nulla era ancora trapelato. Chiacchere, ceti .

Le piu gettonate erano che non si trattava solo di andare a lavorare sul posto ma anche di portarci qualcosa e quindi Vortice e Ciclone erano i naturali riferimenti per il trasporto: avevano la stazza e la potenza giusta, le attrezzature adatte ed offrivano una certa comodità agli equipaggi su viaggi lunghi. Viaggio ancor piu' lungo perché il Canale di Suez era chiuso per gli effetti della guerra ed era gioco-forza circumnavigare l'Africa.

I rimorchiatori Vortice e Ciclone/The tugboats Vortice and Ciclone

Cosa impensabile per la Barca su cui io ero imbarcato, il Genua (e per il cugino Torregrande di stazza un pò maggiore ) anche se era sempre possibile un trasbordo, ma Vortice e Ciclone erano già provvisti di ottimi Colleghi e quindi, fatto salvo Cassa Marittima o eventi famigliari, potevo stare ragionevolmente tranquillo. Il Genua aveva sulla carta una potenza pari a quella del Torregrande (entrambi comunque molto meno potenti dei primi due, specie il Vortice, un colosso per l'epoca) ma nella pratica non aveva la sua generosità nei cavalli. Quando fu acquistato in Svezia (Achille) mi resi subito conto che non tirava per quello che avrebbe dovuto, individuai anche il motivo (turbosoffiante scarsa) che la Ruston interpellata confermò , ma un adeguamento non fu mai eseguito: per i viaggi Mediterranei si dimostrava valido e ciò bastava.

Rispetto al Torregrande era meno spartano e meglio arredato ancorché di spazi piu' modesti e con una minore disponibilià di cambusa e frigo. Bunker ed acqua erano al lumicino, zavorra come tale niente. Il suo grande vantaggio, apprezzatissimo dai Macchinisti, era la presenza di una dinamo-asse usabile in ogni occasione (cioè sempre) e quindi i gruppi elettrogeni erano praticamente fermi: quei gruppi elettrogeni che erano sempre stati fonte di guai, di avarie e di lavoro continuo. Inoltre disponeva di un “troller” di rimorchio oleodinamico e quindi molto piu affidabile.

A differenza del Torregrande non aveva una stazione radio RT ma solo una radio rice-trasmittente ed all'epoca i collegamenti erano difficili anche nel Mediterraneo sulle lunghe distanze. Niente condizionamento e di girobussola e giropilota neanche a parlarne, il marinaio si faceva quattro ore al timone e passi se la cosa durava una decina di giorni.Tutte queste caratteristiche facevo pensare a Genua e Torregrande come ai meno adatti per quell'impegno, ed inoltre per l'assistenza in loco certo qualcosa c'era e non era il caso di partire da qui.

I rimorchiatori Torregrande e Genua/The tugboats Torregrande and Genua

Col passare dei giorni le notizie si affinano…la Società ha venduto il Francia alla SNAM che lo utilizzerà in Golfo Persico, non potrà andare con i propri mezzi essendo prettamente portuale…in Golfo Persico si richiede anche il salpaggio-ancore alla posatubi …nessuno di noi è ancora attrezzato per farlo… Passerà ancora qualche anno prima che lo off-shore si attrezzi con barche dedicate : gli AHSV Anchor Handling Supply Vessel sofisticatissimi mezzi di grande potenza e manovrabilità e posizionamento dinamico anche satellitare.

Mi sembra di essere in una botte di ferro , ma tant'è dal naso continua a colare qualcosa. Un bel giorno, eravamo verso la metà di Novembre, Comandate e Direttore del Vortice e del Genua sono chiamati in Ufficio. E si svela l'arcano. Il Vortice prenderà il Castoro a Ravenna, il Genua avrà il Francia ed una chiatta ritirata a La Spezia e di conserva andremo a Khoramshar in fondo al Golfo Persico .

Il procedere di conserva ha un senso in quanto il Genua è praticamente privo di stazione radio ed il Vortice farà da appoggio. Su entrambi sarà montato un marchingegno (in gergo “capra”) per il salpaggio delle ancore al Castoro durante la posa dell'oleodotto, laterale per il Genua poppiero al Vortice , saranno forniti in dotazione e montati in loco per non disturbare rimorchio e navigazione.

Qualcuno potrebbe pensare: ma allora la scelta del Genua rispetto al Torregrande era stata fatta con i bigliettini nel cappello ? No, era una scelta che aveva una logica. Il Genua aveva un ottimo verricello oleodinamico ed aveva un timone piu' veloce ed efficiente che unito ad un pescaggio inferiore lo rendevano piu' manovrabile. Per lo stato dell'arte del tempo queste doti erano quelle necessarie per fare il servizio richiesto dal Castoro

Sul Genua verrà ricavato una cella frigo per la verdura in un locale igienico riadattato (erano in tutto due, ne sarebbe rimasto uno), ed in ciminiera troverà posto un compressore del condizionamento trainato da un motore diesel. Sul Francia imbarcheremo il combustibile e strada-facendo faremo bunker volante in mare fra una tappa e l'altra che è prevista a Dakar, Monrovia, Capetown e Mombasa.

Partenza stimata per noi il 21 Dicembre da Genova ed il 23 da La Spezia, navigazione stimata tre mesi. Incontro con il Vortice a Gibilterra. Naturalmente ogni obiezione fu messa da parte, sarebbero state parole inutili, inoltre un po' di orgoglio in fondo lo avevamo e mai avremmo manifestato titubanza e men-che-meno timore. Tutto il nostro impegno fu quello di organizzare al meglio ogni dettaglio per un viaggio che già sulla carta si presentava impegnativo.

Oggi una cosa del genere non sarebbe stata neanche pensata: da noi, dalle Autorità, dall'Armatore stesso…senza radio…senza…posto per le provviste…spazi ristrettissimi…un unico motore…poco piu' lunga di una caravella…credo che lo stesso Batolomeu Dias non fosse stato peggio, considerato che Lui puntava alla gloria sua e del Portogallo…oltre a corposi interessi economici. A raccontarla adesso sembra una favola per il nipote insonne ma le cose procedettero proprio cosi.

Verdure cotte appallottolate per meglio stivarle in cella…casse di beveraggi vari in controplancia coperti da un telo…cipolle, patate, aglio nelle lance insieme alle verdure meno deperibili…un mare di fusti di olio intorno all'osteriggio di macchina…interminabili discussioni e ripensamenti sui bisogno o sulle dimenticanze… All'epoca la conservazione era quella che era…quindi scatolette, tari di latte conservato, piselli secchi… il nostromo (il gigliese Pascuino uso ai lazzi maremmani…pasquinate appunto) fra la risata generale se ne venne con qualche pollo vivo in una gabbia.

Tutto alla via e rizzato in Coperta quanto servirà per il travaso del Bunker volante: manichette, pompa barellabile, raccordi, chiavi, galleggianti, ecc. E viene il giorno della partenza. Piu d'uno sull'ormeggio pensava non saremmo mai arrivati ed i saluti furono proporzionali alle preoccupazioni nei nostri riguardi. Francamente noi non pensavamo a nulla. Eravamo stati tanto presi dai preparativi che il tempo di pensare ci era stato negato.

La partenza

Dunque la vigilia di Natale partiamo da La Spezia, quasi che salpare due giorni dopo su un incerto viaggio di cento giorni compromettesse tutta l'operazione. Ma sappiamo come sono le cose, prima si levano dalle balle è meglio è per tutti cosi non rompono i c…….che manca questo, manca quello, la cassa marittima…magari qualcuno sbarca…meglio che siano in mare. Ovviamente, tranquilli, non vi tedierò con il giornale di Bordo per tre mesi (che poi non furono tre ma quattro, infatti arrivammo per la metà di Aprile dell'anno dopo) ma alcuni fatterelli iniziali dobbiamo dirli perché hanno condizionato l'intero viaggio e mandato a farsi fottere tutte le programmazioni a tavolino.

Intanto sotto il Leone , con l'inchino ovvio e con un bel marettone al traverso una pompa combustibile va in tilt. Di fermare non se ne parla neppure con due rimorchi. Con un bel po' di culo (a bordo di dice cosi) e di abilità si riesce a cambiare la valvola di mandata col motore in moto. Un bel successo mai tentato prima. E quasi in contemporanea si verifica una perdita di olio dalla tenuta asse e siamo costretti a poggiare a Gibilterra per la verifica del caso: non possiamo affrontare il giro dell'Africa con questo inconveniente che ci mangia un sacco d'olio e riempie di dubbi.

Intanto il Vortice è nei pressi di Gibilterra che aspetta, la sua velocità media è di sette nodi comodi mentre noi a malapena ne facciamo cinque con tutto a favore. Arriviamo a Gibilterra e ci ormeggiamo con fatica alla diga foranea, i rimorchi al fianco (aiutati da un rimorchiatore locale), con un tempo da far paura, acqua e vento a piu non posso. La visita del sommozzatore non ha dato esito anche per l'acqua resa torbida dal fortunale, cosi decidiamo di appruare la barca spostando nafta sul Francia e sbarcando in banchina tutta la stiva di poppa.

La visita fa capire che la spinta alle molle premi-disco di tenuta non è sufficente, e l'olio normalmente riscaldato dalla rotazione era facilitato (per forza centrifuga) ad uscire dalla tenuta. Il signor Tocco giunto da Genova (Direttore Tecnico, una persona capace e per bene) non ne è troppo convinto ed è propenso a pensare ad un inconveniente piu serio ai piani di tenuta per agenti estranei (rete da pesca, di cui però non si trovò traccia). Ma non ci sono troppe soluzioni, il bacino sarà disponibile solo fra almeno dieci giorni.

Propongo alcune cose. Aggiungere un sottile spessore di spinta in due pezzi, usare olio piu denso anche in vista dei mari tropicali da affrontare, provare per almeno una giornata davanti a Gibilterra a piena velocità e vedere cosa succede. Cosi fu con esito positivo e si ritenne concordemente di poter affrontare il viaggio con ragionevole sicurezza. Il mattino dopo facemmo su armi e bagagli e riprendemmo la via tracciata da Bartolomeu Dias cinquecento anni prima. Erano passati sette giorni dall'arrivo a Gibilterra.

Il Viaggio

Per tutta la durata del viaggio non registrammo mai piu una pur piccola avaria o un inconveniente degno di nota, tutto filò liscio come l'olio. Il motto comunque era: osservare attentamente, non toccare niente e prima di usare le mani usare la testa. A parte il mare di Gibilterra, tradizionalmente facile da incazzarsi , ci mettemmo gli alisei in poppa e persino il monsone ci fu favorevole. Mai una malattia, un incidente, un inconveniente pur piccolo. Niente di niente…a parte alcune manifestazioni di dissenteria piu motivo di ilarità (come vedremo) che di apprensione.

Gli Dei erano con noi, ed io pensavo alla mia Polena come ad un profano angelo custode che davvero mi ha sempre sorretto nelle mie peripezie sul mare (e non solo). Anfitrite moglie di Nettuno, l'avevo notata per la sua bellezza al Museo dell'Arsenale di La Spezia e mi aveva colpito lo sguardo col quale aveva ricambiato il mio interesse: ritornerà piu avanti nel tempo materializzandosi in un moderno mezzo di supporto off-shore .

L'ultimo prima di lasciare il mare per altri interessi, quasi una chiosa. Ero fra i primi ad interpretare in modo diverso il rito della “ guardia ”: non mi interessava un macchinista fisso in macchina seduto e sonnecchiante…ma una vigilanza intelligente e flessibile e poi via per la Barca ad altre cose, non una routine che appanna…ma un senso di libertà che acuisce ingegno ed interesse. Ed il motore, essere antropomorfo, ricambiava questa fiducia con collaborazione e amicizia che mostrava nel ritmo tranquillizzante della rotazione. Anche i Motori hanno un'anima !

Avevo, e ho, troppa stima per questa professione per pensare che tutto si riduca a guardare un manometro dimenticando quello che c'è dietro; sono convinto che il senso del nostro mestiere è quello di entrare nell'intimo della macchina…l'allerta lasciamola a chi meglio di noi può instancabilmente supportarci 24h/24h senza tediarsi. Ed è questo il concetto della futura automazione ormai alle porte e che mi appassionò al punto da diventare parte della mia professione futura. Sul Genua molto piu' modestamente avevo messo su qualche allarme fai-da te usando pressostati di rispetto del frigo ed una sirenetta monitorando le pressioni piu' importanti: non suonò mai grazie alla condiscendete amicizia che il motore ci aveva accordato.

Ma intanto del nostro “assistente” Vortice che ne era stato? Il Vortice, dopo alcuni giorni di caracollo nei dintorni di Gibilterra, raccolse l'ordine di proseguire facendo il possibile per tenersi in contatto. Un ipocrita invito al quale non credeva nessuno. Si mise alla via e lo perdemmo di vista (e di udito), ne avemmo notizia a Capetown dove aveva bunkerato un mese prima di noi. Al campo boe in Golfo Persico per lui fu un disastro: assolutamente inadeguato al lavoro attese il nostro arrivo ma salpò prima di essere visto portando con se alcuni di noi che rimpiazzavano gli sbarchi per malattia. Ci lasciò il primo macchinista edil nostromo Pascuino: per quello che dovevamo fare serviva meno personale.

Quanto a noi, dopo due tre giorni dalla partenza dai posti di bunkeraggio nessuno sapeva piu' nulla della nostra sorte. Il Pilota di Gibilterra informato da dove arrivavamo e dove stavamo andando organizzò un pranzo al Circolo locale col Comandante del Porto ed il Console, la stampa locale ci onorò di un articolo ed una fotografia. Partimmo per Mombasa accompagnati dal prolungato suono della tromba della pilotina che ci segui per almeno un miglio…il Pilota ci pregò di fargli sapere come sarebbe finito il viaggio…non credo che fu fatto.

Dopo dieci giorni dal bunkeraggio ogni momento di tempo favorevole era buono per fare rifornimento dal Francia , non tanto per necessità di nafta quanto di zavorra…rallentamento (ma neanche tanto, si andava a 4 nodi/4 e mezzo, cinque era festa grossa)…ricupero del Francia …gommone a mare con pompa e trascinamento di manichette…pompaggio.Avevamo raggiunto un grado di efficienza tale che in poche ore tutto era alla via.

Avvicinamento del rimorchiatore Francia per il travaso nafta/The tugboat Francia is approaching for bunker transfer

La vita a Bordo trascorreva prevalentemente in Coperta fra l'osteriggio e la stiva in uno spazio quasi sempre invaso dall'acqua di mare che sciabordava con facilità. Un tendaletto proteggeva dal sole ed una doccia di acqua salata era sempre disponibile stante che il consumo di acqua dolce era tassativamente regolamentato e con precedenza assoluta alla cucina. Questa coperta invasa dall'acqua si rivelò di grande utilità.

Nella notturna calma tropicale, alla luce dei fanali, era bersaglio dei pesci volanti (sorta di sardine con pinne laterali molto allungate) che il cuoco raccoglieva al mattino ed erano molto apprezzati alla piastra, inoltre… …abbiamo detto in apertura che uno dei due locali igienici era stato adibito a Cambusa per cui l'unico disponibile era passabilmente gestibile in condizioni “normali” . Strada facendo avemmo a che fare con casi di dissenteria diffusa con esigenze in contemporanea difficili da risolvere…ebbene quello sciacquone in coperta risolveva quella delicata situazione.

Con il vitto non andò poi male come si pensava (o forse ormai ci eravamo adattati perfettamente). I pesci volanti erano una risorsa, come detto, e l'altra era la lenza trainata di poppa che non di rado ci regalava tonni e ricciole. Un peso ed una pentola opportunamente sistemati avvertivano che qualcosa aveva abboccato. Data la scarsa velocità anche la caccia ai delfini sarebbe stata possibile ma la scartammo decisamente per scaramanzia.

Tutta la Macchina schierata con la preda - Silvano e Gino Bottino/All Engine Department with their catch

E le galline del Nostromo Pascuino ? Quasi tutte morirono prima di Gibilterra, suppongo per mal di mare, rifiutarono il cibo chiudendosi in un melanconico atteggiamento. Se ne salvò una. A Gibilterra Pascuino decise per la liberazione, apri la gabba ed il pollo come un fulmine si dileguò sul molo, di lui non si ebbero piu notizie. Chissà se qualcuno di noi, sotto-sotto, pensò di emularlo !

Alla sera c'era il rito dello scopone. Ne contai duecentoventi finiti all'incirca in parità fa le due coppie : io ed il secondo di coperta (Giorgio), il Comandante (Nanni) ed il cuoco La Pira che in cucina aveva fatto miracoli. Piu' difficile giocare a scacchi con le pedine in autonomo movimento sulla scacchiera.

Un pò di cosmetica non guasta.../Some cosmetics kill the time at sea

L'agorà era però la plancia, dove ci si raccoglieva per l'aperitivo…per ascoltare la radio quando possibile…per “ciettezare” …per fare salotto, insomma. E intanto si sollevava un po il marinaio dalle sue quattro ore di timone. C'è da dire che sotto rimorchio ed in condizioni di mare buone il governo necessitava di rari e piccoli interventi.

Da parte mia, con il mare di libri che mi ero portato, ebbi modo di preparare alcuni esami in grande tranquillità. Ad ogni tappa mia moglie si premurava di farmi avere tutti i giornali giorno per giorno (ed i libri che mi servivano), cosi Genova ed il Mondo rivivevano il loro trascorrere nell'emisfero Australe su un infinitesimo puntino nero sulla carta geografica. Dopo la tappa di Monrovia non ci passò neanche per la mente di inchinarci al Golfo della Guinea: dritti Monrovia-Capo Palmas-Capo Fria in Angola, eravamo ormai consapevoli che gli Dei erano con noi ed eravamo pervasi da una incoscienza abissale.

Una rotta poco frequentata chè le navi passavano piu' a Ovest, tuttavia un giorno becchiamo in ascolto radio una nave di Ferruzzi , una grande portagranaglie in viaggio dall'Australia per Ravenna e questa poggia un poco fino ad avvistarci alla lontana. Nanni approfitta per dare notizie a Genova e cosi parlando si scopre che il Direttore è di Genova, Capuano amico di famiglia per via delle mogli compagne in gioventù. Scambiamo qualche discorso e lui se ne esce con “siete matti”. Era quello che ci aspettavamo di sentire, ormai eravamo tarati su questa frequenza e forse era proprio questo che ci stimolava a dare il meglio.

Ci teniamo in contatto con la Ferruzzi qualche giorno, fino a portata del nostro scarso apparato radio…e poi ancora silenzio.Piu o meno le cose sono andate cosi e poco resterebbe da aggiungere se non qualche aneddoto che personalizzerebbe troppo la narrazione e di scarso interesse pubblico.

L'intento è stato quello di far emergere il mondo delle Barcacce del '60 sotto ogni Bandiera e ricordare un evento che passò alla storia nell'ambiente dei Rimorchiatori di Genova e che per me ebbe un seguito proprio grazie alla mia Polena, ma questa è un'altra storia.

Arrivo a Khorranshar/Arrival at Khorranshar

CSDM Silvano Masini (2/2007)